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In questa pagina troverai: come arrivare alla partenza; I preparativi, lo zaino, gli accessori; Gli albergue; Il racconto (clicca per saltare)
Come arrivare alla partenza
Come già spiegato lo scopo di questo blog non è quello di fare da "guida" riportando tutte le possibilità di trasporto e di destinazione, perché non le conosco, ma quello di raccontare una bellissima esperienza prima che il rumore e lo smog della città cancelli questi ricordi per sempre.
Nella scelta del mezzo di trasporto, tra aereo e treno, ho optato per il primo per un semplice motivo economico. Il treno da Milano porta Garibaldi (TGV) passa da Parigi per arrivare a Bayonne e cambiare in direzione Saint-Jean-pied-de-Port: questo implica oltre a qualcosa tipo 12h di viaggio anche un costo intorno ai 190€ (ma se prenotate con molto anticipo potreste avere un grande sconto).
La macchina (anche se doveste essere in 4 o 5) dal mio punto di vista è da escludere perché i costi dell'autostrada francese non sono esigui, il carburante è caro in tutta europa (anche se l'Italia riesce sempre a distinguersi) e ovunque la lasciate sarete costretti ad andare a riprenderla; inoltre ognuno ha il suo cammino e sareste costretti a tenere il passo dei vostri compagni d'auto per tornare tutti assieme.
Per questo motivo ho scelto l'aereo. Ryanair (lo so, lo so, è la peggiore compagnia di sempre, ma costa poco) parte da Orio al Serio e vi può lasciare a Lourdes: da qui c'è un bus per la stazione dei treni e il treno fino a Bayonne, con cambio e arrivo a Saint-Jean. La verità è che la combinazione degli orari non vi permetterà di arrivare a Saint-Jean in serata. A questo punto avete 2 alternative:
- dormire in stazione a Lourdes, aspettare la mattina seguente e raggiungere con il primo treno Saint-Jean verso le 11 (dipendentemente anche dal giorno della settimana). In questo caso il consiglio, dopo essere passati dall'ufficio del pellegrino per avere la credenziale e/o il timbro, è di partire immediatamente per la prima tappa a destino Roncisvalle. Non sarete delle rose ma sono "solo" 27km e all'arrivo sarete felici di non aver perso una giornata
- prendere un taxi. In questo caso anche da Lourdes potrete trovare dei compagni d'aereo che dividano un taxi con voi (ci sono anche a 6 posti) e ve la cavate con 40€ a testa che, se considerate che da Bayonne (dopo quasi 2h di treno) vi costerebbe 30€ è un affare. In ogni caso se questa possibilità non c'è potete prendere un taxi di fronte alla stazione di Bayonne (dovrete chiamare il numero apposito per farlo arrivare) e se lo riempite per 30€ a testa arriverete a destino.
E' importante scegliere con un po' di anticipo che possibilità
percorrere perché se prenotate il treno Lourdes-Bayonne da internet
costa solo 10€ mentre se fate il biglietto in stazione ne costa 23.
Potrete sempre buttare il biglietto e rimetterci 10€ se trovate un taxi
in aeroporto e riuscite a dividerlo con dei compagni di viaggio.
Per il ritorno io ho pensato di prendere un volo (sempre ryanair) da
Santiago a Orio. Nel mio caso non era un diretto ma ho scalato a Madrid
per dei motivi di costi e di tempi ma ci sono anche dei diretti che
sicuramente risultano più comodi. Se avete pochi giorni e sapete già che
non raggiungerete Santiago potete programmare di prendere un bus dalle
principali città (Burgos, Leon, Ponferrada) e raggiungere Madrid dove
vola anche Easyjet. Se invece come me volete tentare di raggiungere
Santiago anche con pochi giorni potete sempre tenervi l'alternativa di
percorrere l'ultimo pezzo in bus se vedete che non è raggiungibile in
tempo a piedi.
Ndr: i cammini e le partenze possono essere diverse in base a quello che
si vuole fare come cammino e a quale cammino si vuole percorrere. Io ho
scelto quello francese che classicamente parte da
Saint-Jean-pied-de-Port e arriva a Santiago ma su internet troverete un
sacco di informazioni se intendete percorrere cammini/tappe differenti.
I preparativi, lo zaino, gli accessori
- Lo zaino: se non l'avete è il caso di comprarlo: la misura giusta è 45-50 litri. Non pensate di fare il cammino con la cartella da scuola perché è fondamentale per la vostra schiena che abbia la cintura in vita, in modo da scaricare il peso sulle anche e quindi sulle gambe piuttosto che sulle spalle.
- Le calzature: personalmente ho fatto il cammino con dei sandali Teva, ammortizzati sul tallone; ho fatto questa scelta pensando al caldo torrido del mese di agosto e alla maggiore mobilità del piede ma questo ha portato alla formazione di molte (moltissime!) vesciche e quindi ad alcuni giorni di patimento in cammino. Per la maggiore vanno le scarpe da running o da trekking: in ogni caso devono essere comode e devono lasciare traspirare il piede; devono essere ammortizzate perché il terreno non è sempre l'ideale lungo il cammino. Ho visto molti pellegrini con gli scarponi: è fondamentale che lascino respirare il piede veramente bene perché il sudore è portatore di vesciche e valutate il fatto che lo scarpone pesa e ad ogni passo siete voi a sollevare quel peso. ATTENZIONE! Come si legge in tutti i siti qualunque calzatura scegliate, se già non la possedete, dovete comprarla con largo anticipo e indossarla il più possibile! Se non potete a lavoro, tutte le sere. Si trovano ancora pellegrini con le scarpe nuove: possono essere anche le migliori del mondo ma se non le avete mai indossate le vesciche sono assicurate. Ricordate inoltre che non esiste la scarpa perfetta a prescindere ma quella che va bene a voi e che le vesciche possono comunque insorgere ma sul cammino si imparano tanti metodi per farsele passare. Alcuni consigliano lo scarpone perché tenendo ferma la caviglia non permette distorsioni, io credo sia eccessivo: la maggior parte del percorso non presenta difficoltà tali da rischiare le caviglie (sempre considerato che si cammina, a meno che ispirati dalla discesa non vogliate correre, come Paolo!)
Passiamo ora a cosa inserire nello zaino considerando che dev'essere il
più leggero possibile (non immaginate quanto rivaluterete il peso al
secondo giorno di cammino) ma contenere tutto ciò che è fondamentale. Lo
zaino dovrebbe pesare non più di un decimo del proprio peso corporeo e
in ogni caso sconsiglio vivamente di superare i 10kg, i vostri tendini
ringrazieranno. Per chi decide come me di prendere l'aereo potete
tranquillamente passarlo come bagaglio a mano (anche con ryanair):
verificate qualche giorno prima le dimensioni e il peso ma il mio
48litri è entrato anche nella maledetta scatoletta di ferro irlandese.
- maglietta a maniche corte (di quelle sintetiche che si asciugano in fretta)
- maglietta a maniche lunghe (sempre sintetica, per le mattine fredde delle mesetas o per il brutto tempo)
- calzoncini corti e pantaloni lunghi (potete prendere un unico capo se trovate i pantaloni che si spezzano con le cerniere ma se non volete comprarli non sono questi a fare la differenza di peso)
- 2 mutande, 2 calzini (li userete a turno, si riesce quasi sempre a lavare e stendere quindi non dovreste avere problemi)
- maglia di pail o pail in microfibra (leggero ma caldo), se portate il k-way potreste farne a meno
- costume (ci sono dei fiumi lungo il cammino e anche se non avete intenzione di fare il bagno lo potete usare dopo la doccia per stare più comodi e per lavare gli abiti usati)
- cappello (di paglia, sportivo, come vi pare ma è fondamentale)
- occhiali da sole (considerate che subiranno degli urti quindi se sono delicati si potrebbero rompere)
- scarpe/scarponi/sandali (in base alla vostra scelta)
- infradito (per la doccia, sono le più leggere, altrimenti ciabatte da mare)
- asciugamano in microfibra, spazzolino, dentifricio, tagliaunghie, sapone (se volete portarne uno unico per corpo e panni prendete quello di marsiglia anche perché è solido e quindi passa nel bagaglio a mano ma non è il massimo, altrimenti sarete limitati ai 100ml)
- kit vesciche (con oggetti che potrete acquistare strada facendo al bisogno): ago, filo (un po' di filo!), betadine (o equivalente), cerotto a nastro, garza sterile. I compeed sono vivamente sconsigliati dagli esperti e anche la mia esperienza non è stata delle migliori ma si trovano opinioni molto differenti a riguardo
- sacco a pelo o sacco lenzuolo. C'è chi viaggia anche senza ma io lo sconsiglio. Il sacco a pelo può tornare utile se temete di fare qualche notte all'aperto e questo può succedere in Galizia (dove c'è la corsa agli albergue) o se decidete di fare qualche tappa notturna. In ogni caso si trovano anche abbastanza leggeri (600gr) ma resistenti a basse temperature. Io ne ho preso uno della 8848 (marca da sci con un buon rapporto qualità prezzo) che tiene +2/+8°C, è compatto e pesa appunto 600gr. I sacchi lenzuolo si trovano a poco anche alla Decathlon, mentre i loro sacchi a pelo sono ingombranti e pesanti oppure cari se andate su quelli più leggeri
- K-way o poncho o ombrello: in caso di pioggia. Se viaggiate in agosto potreste farne a meno e rischiate qualche lavata (soprattutto in Galizia, che è piovosa). Se non avete un coprizaino il poncho sembra la scelta migliore perché vi ripara da tutto. L'ombrello non è consigliabile perché spesso alla pioggia è associato vento e finireste per non usarlo
- pila: la mattina il sole sorge tardi e per evitare il caldo vi ritroverete a partire con il buio; in questo caso è necessaria una pila. Il mio consiglio è di quelle a led con la batteria (magari da fissare in testa) perché illuminano molto di più di quelle a carica manuale e il led permette un'autonomia molto elevata. Se avete una pila normale a batterie stilo (senza led) affrontate la spesa o vi ritroverete con poca luce e alla continua ricerca di batterie
- carta igienica o fazzoletti (in caso di emergenza)
- mollette da bucato (3 perché alcune zone sono molto ventose e rischiare di perdere il bucato)
- armadietto farmaceutico e scorte da "carenza": tessera sanitaria regionale, qualche bustina di zucchero per le emergenze, tachipirina (ne bastano 3 o 4!) da usare solo in caso di febbre, antidolorifico tipo oki bustine (non tutta la confezione!), antidolorifico locale come voltaren gel (la schiuma cutanea è più concentrata, ma nessuno dei due può passare nel bagaglio a mano, valutate di comprarla sul luogo sperando di non averne bisogno), integratore di sali minerali/vitamine (appena rientra Paolo, il nostro esperto, ci facciamo dare qualche nome commerciale!). L'integratore, nonostante l'attenzione ad una dieta ricca di potassio per tutte le banane che mangerete (unico frutto insieme alle pesche in commercio nei villaggi), risulta comunque fondamentale per la perdita straordinaria di sali che il cammino comporta. Se avete una terapia in corso il consiglio è di portarsi più pastiglie del necessario e di dividerle in diverse parti dello zaino, per evitare perdite: se non viaggiate da soli valutate anche di darne parte ai vostri compagni di viaggio nel caso succeda qualcosa al vostro zaino
- caricatori dispositivi elettronici: se avete un cellulare di ultima generazione potete valutare di usare quello come fotocamera e risparmiare del peso. Impostando la modalità aereo durante la giornata la batteria durerà molto di più (anche perché non è sempre così facile trovare una presa di corrente la sera) anche se non vi arriveranno i messaggi (ma siete in vacanza! staccate da tutto!!). Non c'è bisogno di adattatori per le prese spagnole
- acqua: potete comprare una borraccia ma si sopravvive anche con delle normali bottigliette. Il consiglio è di averne una da 0,5 sempre piena, una uguale vuota e magari una da 0,75 che potete comprare a poco ad Orisson (sulla prima tappa) con anche il tappino per bere direttamente, riempita in base alla distanza che intendete percorrere. L'acqua pesa: 0,5l è fondamentale averli sempre dietro ma ad ogni paesino potrete aggiungere acqua tramite la fontana. Il mio consiglio è di avere una scorta nello zaino più o meno equivalente e una bottiglia vuota da usare quando la vostra guida vi dirà che ci sono dei tratti senza acqua potabile per chilometri (io ne ho incontrati due) che se percorsi alla luce del sole implicano un gran consumo. Esistono le sacche con il tubicino, sono abbastanza usate; anche qui la scelta è personale ma considerate che un litro pesa un kilo quindi portarsi 4 litri d'acqua è eccessivo. Detto questo bere, anche poco ma molto frequentemente è fondamentale: siamo abituati a non bere mentre camminiamo quindi ci si dovrà sforzare per evitare la disidratazione (dovuta in alcune zone anche al forte vento) e per evitare le tendiniti
- guida: io sono partito senza, stampando semplicemente dei fogli da internet ma a meno che questi non siano molto dettagliati (e i miei non lo erano) vi consiglio di comprare una guida. Io ho avuto la fortuna di trovare dei compagni di cammino che l'avevano e non ho sentito il bisogno di comprarla. Potreste valutare di comprarla in loco, è vero che sarà in spagnolo ma anche più aggiornata di quelle in italiano che nonostante riportino l'anno di edizione sono evidentemente costruite su dati non recenti tanto da dare indicazioni fuorvianti sulla presenza o meno di albergue e negozi (detti tienda)
- Check-in di andata (quello di ritorno potrete stamparlo a Leon o Sarria)
- un sassolino: leggenda vuole che portando un sassolino in tasca lungo tutto il cammino, lasciato alla base della Cruz de Hierro (che come immaginerete è sommersa da una montagna di pietre ormai) questo esaudisca le preghiere per voi e per le persone care. Potete crederci o meno ma tentare non nuoce (è considerata una specie di preghiera esaudita per il pellegrinaggio effettuato) e nel caso fatevi dare/spedire un sassolino anche dalle persone care che hanno bisogno di aiuto in modo da portare voi le loro preghiere alla croce di ferro (che è il punto più alto del cammino).
Tutto quello che non è in questo elenco (memoria permettendo) per me è
superfluo: valutate personalmente se fare delle aggiunte considerando
che da Pamplona potrete comunque spedire a Santiago quello che volete e
lo troverete lì al vostro arrivo. Le bacchette da passeggio non
rientrano nelle mie abitudini anche se sembra aiutino a tenere il passo:
è abitudine di alcuni pellegrini invece trovare un bastone lungo il
cammino e portarlo fino a Santiago. In ogni caso valutate che nel
bagaglio a mano le bacchette non ci staranno (e il bastone al ritorno,
ahimè, nemmeno).
Gli albergue
Gli albergue sono principalmente di 4 tipi:
- municipali: sono gestiti dal comune e costano sempre poco. Sono i più gettonati quindi quelli che si riempono prima. A volte la sensazione, soprattutto in quelli con un numero di posti elevato, è quella di essere solamente un numero e non è bello ma sicuramente non tutti gli hospitaleri ci mettono la passione e per alcuni risulta un lavoro stagionale. In ogni caso troverete sempre disponibilità e gentilezza e la possibilità di condividere una bella serata in compagnia. Nella maggior parte dei casi da me incontrati era presente la cucina e la comedora cioè la sala da pranzo, in più spesso hanno del giardino o dello spazio per rilassarsi all'aperto. In ogni albergue è specificato che la responsabilità degli oggetti personali non è a carico della gestione quindi state attenti perché alcuni pellegrini hanno uno spirito di condivisione diciamo più vicino al furto (e Paola ahimè lo ha scoperto). Il mio consiglio è quello di lasciare lo zaino incustodito, perché sarà necessario, ma portarvi soldi, documenti e cellulare sempre con voi. Caricate il telefono solo se siete presenti o se potete delegare qualcuno al posto vostro
- privati: costano poco di più (1 o 2€) di quelli municipali e normalmente hanno stanze più piccole e sono tenuti meglio (o sono di costruzione più recente). Se il municipale è pieno o se volete concedervi qualcosa di più sono una buona scelta; in alcuni paesi sono l'unica scelta perché i municipali non sono presenti ovunque. Essendo gestiti da privati vi permettono di prenotare e di tenere posti per gli amici se arrivate in anticipo in cambio del pagamento della loro quota. Questo però implica anche che facciano passare davanti dei ciclisti pur di far cassa. La cucina normalmente non c'è perché sono aperti da bar o ristoranti che cercano di aumentare l'incasso con il menù del pellegrino, questo però non vi impedisce di mangiare qualcosa di pronto
- della Giunta: presenti solo in Galizia. In questa regione al posto di albergue comunali ci sono quelli regionali. Sono tutti simili, costano 5€ e sono di costruzione abbastanza nuova: in ogni caso sono tenuti molto bene e sono comodi. E' sempre presente la cucina (ma senza stoviglie, nè pentole, nè piatti) e la comedora. Sono abbastanza diffusi e sono identificati dalla sigla Alberegue Xacobeo però spesso hanno pochi posti. In questi albergue non è possibile tenere posti per altri pellegrini e non è possibile andare in "overbooking". Dato che la Galizia per i pellegrini è equivalente alla liguria (cercano di fregarti in ogni dove) questi albergue si riempono subito perché la media dei prezzi della regione per gli albergue privati è 10€. Nonostante sia specificato che la priorità va ai pellegrini a piedi senza veicolo di supporto in realtà vengono riempiti solo con il criterio di chi prima arriva quindi non sperate di trovare un posto dopo le 3 (almeno ad agosto)
- parrocchiali: questi sono i migliori albergue disponibili. Sono degli edifici di solito a lato della chiesa e spesso l'accesso è ad offerta. Obbligo di specificare: offerta non significa gratis: i soldi che voi donate servono ad acquistare il cibo per la cena e la colazione del giorno successivo. In molti di questi infatti la cena è "comunitaria", come la colazione. Gli hospitaleri sono quasi sempre volontari e nonostante l'alloggio sia di livello più basso (di solito uno stanzone con dei materassini per terra e un bagno/una doccia) vi posso assicurare che l'atmosfera è impagabile. Questi sono gli unici albergue che non rifiutano nessuno quindi anche se doveste arrivare tardi sapete di poterci contare (al massimo finirete a dormire in sagrestia). Tutte le funzioni religiose (la messa prima di cena e l'orazione dopo) sono facoltative e vi assicuro che nessuno vi giudicherà se le salterete. In alcuni casi in questi albergue non si può partire la mattina a qualunque ora ma aprono ad un determinato orario (al contrario degli altri albergue in elenco).
In alcuni siti web leggerete che i pellegrini che hanno già percorso un consistente tratto (tipo 300km) hanno precedenza sugli altri negli albergue: per mia esperienza personale non è vero tant'è che non mi è stato mai chiesto da dove fosse partito il mio cammino e come già sottolineato (ahimè) spesso gli albergue vengono riempiti in ordine di arrivo non guardando in faccia a "pellegrini" con la valigia, con il bus o con la bici.
Il racconto
Come già spiegato nell'introduzione lo scopo di questo blog è mettere su
carta il più possibile della mia esperienza personale sul cammino per
evitare che i ricordi si annebbino e che tutto finisca per sembrare una
vacanza normale di tanto tempo fa.
Molti pellegrini scrivono un diario durante il cammino (in questo caso ricordate di aggiungere carta e penna allo zaino) e nonostante l'idea non mi piacesse mi sono ritrovato a scriverne uno anche io. Questa pagina non è una copia del mio diario, che ritengo troppo personale per essere condiviso, ma piuttosto un racconto diviso in tappe dell'avventura che, con il contributo morale e fisico di tanti amici di cammino, mi ha portato a raggiungere Santiago in 21 giorni.
Per praticità indicherò con:
Domenica 5 agosto 2012
Saint-Jean-pied-de-Port -> Roncisvalle (27,1 Km)
Albergue collegiale (10€), 183 posti CAS,CUC, COM, LAV, WI (aperto)
La mia avventura aerea per raggiungere Lourdes e poi Sanit-Jean non è stata delle migliori durante la giornata di sabato anche se già prima di partire sapevo che avrei avuto problemi con le coincidenze ferroviarie. In ogni caso sono arrivato, insieme a due ragazze, a Saint-Jean ad un orario improponibile per un pellegrino, le 21e45. Dopo una corsa all'ufficio dei pellegrini per ottenere il timbro (la credenziale l'avevo già) e qualche informazione siamo stati direzionati all'albergue Esponda. L'ufficio vi fornisce di una mappa degli albergue molto dettagliata e aggiornata e di una mappa "altimetrica" dell'intero cammino francese.
Forse già dall'assurdità di quella notte avrei dovuto intuire l'avventura che mi stava aspettando: arrivati all'albergue lo troviamo aperto ma semivuoto. Un ragazzo italiano ci spiega che l'hospitalera deve essersene andata e ci indica una stanza libera nella quale possiamo accomodarci. La mattina del 5 agosto, la mia "levataccia" non mi ha permesso di vedere nessuno e nemmeno di lasciare una donazione perché non c'era nessuna cassetta. Per chi parte da questa località non ci sono negozi per la spesa fino a dopo Roncisvalle quindi il primo esercizio che apre è il panificio (mi pare alle 7) e i negozi verso le 8. Io ho preferito avviarmi presto sapendo di poter contare su un menù del pellegrino una volta arrivato a Roncisvalle.
Le poche ore passate a Saint-Jean (e per di più con il buio) non mi hanno permesso di vedere la città che pur mi è sembrata molto molto bella. Avviatomi con la mia pila per le salite che portano a Roncisvalle ho incosciamente incontrato Marco (che conoscerò il giorno successivo) e mi sono concesso una colazione ad Orisson. Qui, a pochi km da Saint-Jean, c'è un bar gestito da un signore gentilissimo ed è una buona occasione per comprare una bottiglia d'acqua (se non l'avete o se ne avete solo una) che vi potrà accompagnare per tutto il viaggio dato che è molto resistente. Se prevedete inoltre di impiegare del tempo a raggiungere Roncisvalle potete acquistate un bocadillo (panino) e portarvelo per il pranzo.
Essendo il primo giorno ero molto energico e molto eccitato all'idea di affrontare il cammino e ci ho messo poche ore a scalare il monte. Sulla strada ho conosciuto anche Pablo e un paio di altri pellegrini con i quali ho speso solo qualche parola. In tutta sincerità sono partito con l'idea di prendermi del tempo per me solo e di scappare dallo stress della mente affollata di troppi pensieri quindi ho cercato di camminare in silenzio per la maggior parte della giornata.
Per raggiungere Roncisvalle ci sono due cammini. La biforcazione è segnata eccellentemente: il cammino "basso" è meno ripido ed è consigliato in caso di maltempo; il cammino "alto" è quello storico e offre sicuramente panorami più piacevoli, per questo l'ho scelto. Se volete affrontare il cammino alto comunque non si può sbagliare: bisogna sempre andare in salita. La maggior parte della salita (in territorio francese) si effettua sulla strada asfaltata ma state bene attenti perché ad un certo punto si devia invece sul terreno. La deviazione è segnata egregiamente ma dopo qualche ora sull'asfalto sembra strano doverlo lasciare: non preoccupatevi, è la strada giusta. Poco dopo si entra in Navarra e quindi in Spagna. Attenzione alle fontane perché non sono molte e quella dopo il cartello della Navarra mi pare sia l'ultima prima di Roncisvalle. Sappiate che la nebbia la fa da padrone quindi se avrete la fortuna di poter vedere il panorama circostante sarete tra i pochi. Una volta raggiunta la vetta vi troverete ad un incrocio; immagino sappiate già che le indicazioni da seguire sono le frecce gialle ma la particolarità della Navarra (e solo di questa regione) è che le strade da non seguire hanno disegnata una X sempre in giallo. Arrivati alla cima del monte avete due possibilità di discesa in questo caso poco segnalate. La "storica" passa per la foresta, è 400m più corta ma implica un grande sforzo di ginocchia; la seconda costeggia la strada delle auto, è 400m più lunga e più facilmente percorribile: i due cammini si raccordano prima dell'ingresso a Roncisvalle.
Verso mezzogiorno entro a Roncisvalle emozionato per aver raggiunto la mia prima meta ma soprattutto all'idea delle epiche battaglie e dell'Orlando Furioso.. e puf! Chiamarla città è già tanto, è un buco. Un buco medievale, molto carino.. ma se contate più di 4 edifici siete bravi. Personalmente non è stata una delle mie giornate migliori per il freddo preso scendendo dal monte e quindi ho passato molto tempo girando per il paese e cercando il posto dove farmi mettere il timbro con l'idea di un possibile proseguimento. Il posto per il timbro è ufficialmente l'albergue, l'unico presente, dopo la chiesa sulla destra. La fortuna ha voluto che arrivassi qualche ora prima che iniziasse a piovere (ma non che mi svegliassi a ritirare i panni stesi), in generale ho l'impressione che data la quota e la zona sia un villaggio tendenzialmente piovoso. Se decidete di fermarvi a Roncisvalle questo è l'unico albergue per dormire, è più caro della media (10€) ma è nuovissimo e molto ben organizzato, oltre ad essere molto capiente. Non c'è cucina né comedora, però sono presenti lavatrice e asciugatrice.
Per mangiare, come già accennato, potete prenotare il menù del pellegrino (9€) in svariati bar compreso uno proprio di fronte all'albergue collegiale: non ci sono negozi quindi se non avete da mangiare con voi risulta l'unica alternativa. Considerate che siete quasi a 1000m di altezza quindi la sera fa freschino, un'occasione per sfoggiare il proprio pile. Partendo presto e conseguentemente arrivando presto potrete godervi una doccia senza coda e tirare le somme sulla giornata trascorsa: è normale trovare pellegrini che dormono nel pomeriggio quindi avrete la possibilità di scrivere il vostro diario o di incominciare a curare le vostre fiacche (sperando di non averne, al contrario di me).
Lunedì 6 agosto 2012
Roncisvalle -> Pamplona (41,5 Km)
Albergue Jesus et Maria (5€), 114 posti CAS, CUC, COM, WI (cittadino, in piazza Castillo)
Già dalla sera precedente sentivo discutere degli italiani sulla possibilità di aggregare le tappe successive per arrivare in giornata a Pamplona. Reduci da una giornata in salita, anche qualche chilometro in più, ma in discesa sembrava una passeggiata. Partito sempre di buon ora mi sono trovato velocemente a conoscere due personaggi che successivamente sarebbero stati quasi sempre presenti nel mio cammino (fisicamente o per citazione). Dato il loro passo molto simile al mio, ho passato con Marco e Manuel il tempo di quasi tutto il cammino: abbiamo superato insieme Zubiri, considerata la città di fine tappa, e deciso di proseguire alla volta di Pamplona. Il loro fisico, sicuramente più allenato del mio, ha permesso loro di arrivare in un'unica tirata a destinazione mentre nel mio caso mi ha costretto ad una pausa a Trinidad de Arre. Qui ho approfittato per farmi fare il timbro ma soprattutto per lavare due cose bagnate il giorno prima e stenderle oltre a sdraiarmi ai bordi di un parco per rimettere in sesto la schiena. Ho scoperto quella mattina infatti che l'impostazione del mio zaino (non molto aderente alla schiena) mi provocava un inutile sforzo sulle spalle; anche in questo caso è stato Marco ad aiutarmi a risolvere l'arcano. Ricordo benissimo il paese di Arre sia perché molto carino e molto abitato, sia per la tranquillità (sfacciataggine?) con la quale da pellegrino mi sono sdraiato su un muretto per riposarmi, stendendo i vestiti qualche metro più in là. Il ricordo più bello che ho di quel giorno però è merito di un bambino che passando, stretto alla mano della propria mamma, mi ha augurato "buena sorte". Se ci penso ora, ancora mi commuovo.
I paesaggi percorsi fino ad Arre li ricordavo meno belli di quelli del primo giorno, ora a distanza di un intero cammino mi rendo conto di come la foresta di Roncisvalle (nel mio caso affrontata quasi tutta nel buio) fosse effettivamente magica.
La perseveranza di Marco e Manuel, che hanno proseguito direttamente per Pamplona, gli ha permesso di trovare alloggio nell'albergue comunale (Jesus et Maria). Io invece, incrociati poi i bresciani (Ciro, Mauro, Beppe e Stefano-che è bergamasco!-) ho proseguito con loro alla volta di Pamplona: il nostro destino è stato diverso infatti l'albergue era pieno e siamo stati direzionati ad una pensione (Eslava) economica coerentemente con il valore effettivo dell'alloggio. Il rimpianto maggiore della serata è stato quello di non poter cenare con Marco che il giorno dopo ci avrebbe lasciato per percorrere un pezzo in bici ed assicurarsi l'arrivo a Santiago entro la fine delle ferie. Ma come spesso accade sul cammino chiusa una porta se ne apre un'altra: destino volle che nella nostra pensione alloggiasse anche Pablo (conosciuto il giorno prima salendo verso Roncisvalle) che oltre a farci da interprete ci ha guidato alla scoperta di Pamplona illustrandoci tutto il percorso della famosa corsa dei tori di S. Firmino. Cenare a Pamplona non è economico e non esistono menù dei pellegrini in compenso esistono molti supermercati (compreso un carrefour) aperti fino alle nove di sera. La maggior parte dei bar offrono dei piatti combianti a dei prezzi allucinanti (intorno ai 12€) ma anche in questo caso grazie alle capacità linguistiche di Pablo siamo riusciti a raggiungere (non dopo qualche peripezia) un vero ristorante con il menù della sera. Abbiamo mangiato benissimo e il cameriere si è intrattenuto un po' con noi.
Se siete dei maniaci di internet o volete postare assolutamente la vostra posizione su facebook la piazza principale (Castillo) che merita comunque una visita per la sua bellezza, offre internet gratuito cittadino. E' necessario immettere i propri dati in una pagina web che si apre all'aggancio della rete wireless e poi potrete navigare in libertà. Su questa piazza si affacciano anche molti bar quindi se volete unire l'utile (una birra) al dilettevole (una connessione) qui potete farlo.
C'è una possibilità di alloggio di cui ho sentito parlare ma che non ho verificato personalmente: all'arrivo in città ma prima di entrare veramente in Pamplona troverete le indicazioni per un albergue "municipale". Sembra che sia un secondo albergue pubblico con disponibilità di posti e potrebbe essere una buona scelta se arrivate ad un orario (nel mio caso alle 16e30) nel quale credete possa essere pieno l'altro (potete verificare anche telefonando). L'unico svantaggio è il decentramento rispetto alla città ma la sera, senza zaino, qualche passo in più vi sembrerà relax.
Martedì 7 agosto 2012
Pamplona -> Puente la Reina (25,5 Km)
Albergue Padres Reparadores (4€), 100 posti CAS, CUC, COM, WI (presso un bar del centro)
Si può dire che i giorni successivi hanno in parte cancellato i miei ricordi non proprio rosei della giornata trascorsa tra Pamplona e Puente la Reina. Le mie vesciche cominciavano ad aumentare e a fare male e ricordo di aver tenuto un passo veramente lento. In più l'aver voluto fare i gradassi e spararsi 40Km il giorno precedente ci aveva reso tutti un po' stanchi. In ogni caso avevo deciso di arrivare a fine tappa anche per rivedere Manuel con il quale c'era spirito comune da pellegrini. Dal punto di vista paesaggistico però ancora una volta il cammino in questa tappa vi stupirà: la salita che culmina all'Alto del Perdon è davvero magnifica e la soddisfazione di arrivare in cima è tanta. Non si tratta di un punto molto alto (quasi 800m) ma è sicuramente molto panoramico e la vista su tutte le distese circostanti vale proprio la pena di una pausa. Purtroppo la discesa, al contrario della salita, è nota perché costituita da sassi di dimensioni alquanto grandi che non vi sarà facilissimo superare, in ogni caso basta affrontarla con una maggiore calma sapendo che ci si impiegherà un po' di tempo in più.
Arrivati a Puente la Reina la cosa che apprezzerete di più è l'albergue: è semplice e non molto recente ma si respira una vera atmosfera da cammino. Qui si incrocia il cammino aragonese e quindi avrete la possibilità di conoscere anche chi ha intrapreso un percorso diverso dal vostro. Inoltre la presenza della cucina e di due negozietti permetterà (com'è successo a noi) di poter fare delle bellissime cene in comunità. Ricordo ancora la pasta che Mauro e Fausto hanno cucinato per tutti e le risate a tavola. L'albergue è il più economico trovato (4€) e come sempre avrete la possibilità di lavare e stendere le vostre cose. Le stanze non sono molto grandi (ricordo qualcosa come 10 posti) ma sempre con letti a castello. Il posto letto è detto in spagnolo cama da non confondere con camera. Inoltre dietro è presente un bel giardino con qualche albero, tavolini e sedie per rilassarsi il pomeriggio e avere un po' di tranquillità oltre ad un po' di venticello che nelle bollenti giornate di agosto non guasta. Se non siete troppo stanchi approfittate per un giretto nel centro: la porta di ingresso al paese è molto particolare e nonostante vi possa sembrare di dimensioni modeste vi assicuro che sarà uno dei più grandi che si incontreranno e caratteristico nella sua struttura.
Mercoledì 8 agosto 2012
Puente la Reina -> Los Arcos (43,4 Km)
Albergue privato Casa Alberdi (10€), 22 posti CAS, CUC, COM,WI
Nonostante non abbia mai creduto troppo (al massimo sperato) in chi
diceva che al terzo/quarto giorno passa tutto (il che si traduce per me
nel dire che a quel punto sopporti tutto) devo ammettere che la tappa da
Puente la Reina a Los Arcos è stata un po' la dimostrazione di questa
mezza verità.
Come volevasi dimostrare la costanza non è stata proprio la nostra guida nei primi giorni di cammino tanto da alternare tappe normali a tappe doppie (come questa) ma la voglia di camminare era tanta e nel mio caso anche quella di arrivare in tempo a Santiago. Partendo da Puente una delle località più carine che si incontrano nonostante sia molto piccola è Lorca, purtroppo un po' troppo vicina alla partenza per permettersi una pausa. Dopo un saliscendi continuo si arriva tramite una salita consistente a Villamayor de Monjardin. Qui è un buon fine tappa per chi non vuole proseguire oltre. "A Villamayor de Monjardin il comunale non c'è più. L'unico albergue è l'Oasis (5€), gestito da una simpaticissima copia olandese (protestante). C'è la possibilità di usufruire della cena comunitaria e di fare 20' di riflessione insieme. Il posto è piccolo (25 cama), ma ben tenuto. 2 bagni e 2 docce. Se è pieno vi mettono i materassi x terra, finito il posto potete dormire all'aperto nel campo di pelota... C'è una specie di bottega (3 metri quadrati forse) che apre un paio di ore il pomeriggio (mi sembra dalle 14:00 alle 16:00) dove si può trovare acqua, frutta e verdura (e poco altro). Se decidete di partire la mattina presto ricordatevi che dovete prendere la prima a sx e non andare in fondo al paese e infognarsi in mezzo ad un campo... :-/" (Grazie a Mauro per la segnalazione!)
Chi decide di proseguire deve sapere che oltre Villamayor non incontrerà nulla fino a Los Arcos. E' mio dovere, come vittima di un pomeriggio di sole, spiegare questo passaggio importante del cammino. Villamayor magari non vi sembrerà un paese molto abitato o molto grande ma se siete stanchi vi consiglio di fermarvi e affrontare il deserto con il fresco della mattina (e magari il supporto del buio) perché la strada che divide questo villaggio a Los Arcos è deserto. Sono 13Km senza acqua (è necessario portarsi abbondanti scorte anche in base all'orario) e manciate di Km senza ombra, senza alberi, senza un posto dove sostare al di fuori del sole. Io ho affrontato forse per leggerezza questo percorso nel pomeriggio e posso assicurare che è stato un calvario: la stanchezza e il caldo mi hanno debilitato e camminavo molto piano; appena trovato un albero mi sono fermato per una sosta di mezz'ora (e per recuperare la bottiglietta nello zaino) ma la considero ancora adesso una prova di forza. Ricordo benissimo la felicità alla lettura del cartello di ingresso a Los Arcos e lo stupore davanti alla fontana, nella quale ancora un po' facevo il bagno, tanto che degli indigeni mi hanno scattato una foto mentre mi bagnavo capelli, cappellino, faccia e bevevo come chi non beve da giorni. Detto questo l'arrivo a Los Arcos è piacevole anche perché di nuovo ci troviamo in un paese di dimensioni abbastanza grandi. Purtroppo arrivando tardi (18) non me lo sono molto goduto e ho dovuto passare tutti gli albergue (pieni) per raggiungere l'ultimo del paese (che si trova comunque sul cammino). Ci sono due strutture pubbliche se ben ricordo: il municipale ed una specie di centro sportivo ma a quell'ora capisco che fossero già piene. Le tappe normali infatti prevedono di dormire ad Estella che tra l'altro è una bellissima cittadina ma l'imminente festa popolare della sera (bellissimo vedere i paesani vestiti già con gli abiti tipici durante la mattina) e la vicinanza dell'albergue alla piazza ci hanno convinto a proseguire oltre.
Positivamente il mio miracoloso arrivo a Los Arcos mi ha permesso di rincontrare i bresciani (ma solo 2), tenermi al passo con Manuel (che alloggiava in un altro albergue) e conoscere Katia ed Alessandro. E' incredibile come a distanza di tempo le prime parole con una persona che poi diventerà una compagna di viaggio inseparabile prendano la forma di un aneddoto ma presumo che sia sempre così sul cammino dove conosci una persona oggi e non sai se la rivedrai mai o se ci passerai tutti i giorni seguenti.
Relativamente all'albergue (che però presumo rimarrà sempre un'ultima scelta anche solo per la distanza dal punto di ingresso al paese) nonostante il prezzo eravamo sistemati in stanze molto piccole (6 letti) e quindi il sonno è stato rilassante ed era attrezzato abbastanza bene. L'uso della cucina poi è quasi una rarità negli albergue privati.
Giovedì 9 agosto 2012
Los Arcos -> Logrono (29,5 Km)
Albergue parrocchiale (donativo), 30+ postiCAS,CUC, COM, WI
Sinceramente ricordo poco il percorso che mi ha portato da Los Arcos a
Logrono. Mi ricordo che sono partito di mattina molto presto in modo da
arrivare a destinazione in orario e infatti sul mezzogiorno ero già in
città. Logrono è una vera città: non se ne incontrano tanto lungo il
cammino. Le scelte per pernottare sono l'albergue municipale o quello
parrocchiale. Nel nostro caso abbiamo puntato su quello parrocchiale
sapendo che alcuni nostri compagni di viaggio ci avrebbero raggiunto più
tardi e che ci sarebbe stato posto anche per loro infatti come già
accennato questi rifugi hanno il privilegio di non lasciare per strada
nessuno. Il municipale si è comunque riempito verso le 13.
Se volete vivere lo spirito del cammino (e tutte le esperienze/occasioni) che questo implica non vi può mancare una notte in un parrocchiale. Nella maggior parte dei casi infatti questi albergue offrono la cena comunitaria (non fatevi aspettative troppo elevate!) e la colazione la mattina. C'è la possibilità di partecipare alla messa (con benedizione dei pellegrini) e all'orazione dopo cena ma è facoltativo e vi posso assicurare che nessuno vi giudicherà per la vostra scelta. Quello che mi ha stupito all'arrivo di Logrono è stata sicuramente la dimensione della città e all'ingresso dell'albergue la simpatia della signora che ha spiegato tutto nei minimi dettagli in almeno 3 lingue diverse e tutte parlate benissimo. Inoltre sono stati i gestori a cucinare per tutti (il che ha dell'incredibile se pensate alla mole di persone che erano ospitate quella sera e che è così ogni sera...). Certo il compromesso è dormire su dei materassini a terra e condividere una presa in mille (a meno che non abbiate la centrale nucleare, vero Ciro?); allo stesso modo spesso si condivide una doccia e un bagno però l'atmosfera va provata per credere.
Venerdì 10 agosto 2012
Logrono -> Azofra (34 Km)
Albergue municipale (7€), 60 postiCAS,CUC, COM, LAV, WI
Logrono rimarrà nella mia memoria in modo indelebile per un aneddoto che forse è stato dettato anche in questo caso dall'ebrezza che il cammino porta in tutti noi. La serata in questione era torrida come la giornata che l'aveva preceduta. Ricordo che per sfuggire al caldo andammo al parco dietro la chiesa (che si trova tra un fiume e una strada trafficatissima) per avere un po' di riposo senza però molto successo. In ogni caso dopo la fantastica cena comunitaria alla quale io sventolavo talmente tanto la mia credenziale per non sciogliermi che l'ho quasi compromessa, non so bene chi (ma i posteri hanno dato la colpa a Beppe) ha fatto la sparata di una tappa notturna per raggiungere la meta del giorno seguente. Ovviamente chi se non la mia mente bacata poteva seguire questo pensiero illogico in nome dell'evitare una probabile notte insonne per il caldo (scopriremo solo il giorno dopo che non sarà il caldo ma degli ubriaconi a togliere il sonno a chi diversamente da noi ha deciso comunque di dormire a Logrono). Insomma tirando le somme in 5 decidiamo di lasciare l'albergue alle 10 alla volta di una non ben precisata meta tra Najera e Azofra. In 3 decidono di partire dopo una birretta mentre io e Manuel partiamo direttamente. La fortuna ha voluto che Manuel possedesse una magica pila molto luminosa, che ci ha accompagnato tutta la notte. Ammetto che poco dopo la partenza incominciavo a sentire l'arrivo della sonnolenza (il pomeriggio ero abiutato a riposare ma in quel caso non c'era stata possibilità) ma l'intraprendenza di Manuel mi trascinava. In un tempo discreto (credo prima delle 2 di notte) arrivammo a Navarrete, non senza qualche difficoltà: un lungo tratto del cammino lo abbiamo percorso senza indicazioni sperando fosse la strada giusta e basandoci sul fatto che sembrava portare ad un paese lì vicino. Anche qui, nello spirito del cammino, un operatore ecologico ci ha gentilmente confermato la nostra rotta ma successivamente il problema si è ripetuto; non vorrei pensaste che questo sia dovuto alla visione notturna infatti una volta usciti dalla Navarra si entra nella regione più piccola e povera che attraverserete, la Rioja. Tra le regioni è sicuramente quella dove le indicazioni del cammino sono le peggiori ma percorrendola vi verrà il dubbio che non abbiano i soldi per la vernice gialla. Dopo esserci concessi una pausa a Navarrete, di spirito, abbiamo deciso di proseguire in direzione Najera, pur sapendo che era distante più di una decina di km. Confesso che il percorso (agevole dal punto di vista tecnico e scarso da quello paesaggistico perché affiancato da una strada ad alto scorrimento) è stato lungo per il sonno che mi aveva leggermente abbandonato ma che aveva pervaso il mio compagno di viaggio. Ricordo ancora gli escamotages che usammo per tenerci svegli intonando qualche canzone che conoscevamo entrambi nel buio della notte e nella totale assenza di altre forme di vita. Ma ogni tappa ha la sua fine e arrivammo, verso le 6. In realtà arrivammo prima ma, con l'idea di fare un pisolo ove possibile, io ebbi la malaugurata idea di avvicinarci all'albergue in modo che la zona potesse considerarsi più sicura anche solo per il flusso di pellegrini in uscita. Peccato che il municipale fosse in fondo alla cittadina e quindi con gli ultimi sforzi raggiungemmo due panchine e ci chiudemmo nei nostri sacchi a pelo per un'oretta di meritato sonno. Svegliati dall'uomo che soffiava le foglie (ma che cortesemente ha evitato la nostra zona) ci siamo concessi una colazione per partire, con una lentezza inaudita, alla volta della vicinissima Azofra. Tra gli svantaggi di fare una notturna sicuramente c'è quello di arrivare all'albergue ore prima che apra e senza possibilità di eccezioni. L'albergue di Azofra (del quale si era incominciato a parlare il giorno prima, alla stregua di leggende metropolitane) merita veramente una sosta; è municipale, costituito da stanze da due letti con tanto di armadio per riporre le cose, bei bagni, una cucina molto grande e una sala da pranzo altrettanto. L'esterno è piastrellato ma è carino e soprattutto ha una specie di piscina (si potrebbe definire più una fontana) dove i pellegrini possono tranquillamente immergere i piedi e le gambe per rinfrescarle con l'acqua gelata e godersi un inaudito relax. Durante la giornata poi ci raggiunsero tutti tranne i tre elementi che con noi erano partiti alle dieci di sera: due si erano fermati a Najera e Stefano invece aveva proseguito oltre. Anche quella sera, con il contributo un po' di tutti, ci facemmo una grande pasta condivisa anche con dei ragazzi di Alessandria (che non ho più incontrato lungo il cammino). Sicuramente posso ricordare quella giornata come una delle più rilassanti (i miei piedi ancora ringraziano) e condivise tanto che andammo perfino a fare la spesa tutti assieme.
Sabato 11 agosto 2012
Azofra -> Belorado (38,5 Km)
Albergue privato Cuatro Cantones (6€), 60 posti CAS,CUC, COM, WI (psw: BUENCAMINO)
La tappa che ci ha portato a Belorado, nel mio caso sempre in compagnia di Manuel, ci ha permesso di entrare nella regione più grande (Castilla y Leon) ma non è stata facilissima. Il percorso è in una leggera salita ma la mia stanchezza, trascinata dal giorno prima nonostante il rilassante albergue e le prime fiacche di Manuel ci hanno fatto rallentare un po' il passo. Il percorso offre dei bei paesaggi ma attenzione anche in questo caso alle scorte d'acqua perché sull'ultimo tratto (mi pare da Redecilla) non ci sono fontane: ricordo con gioia che un furgone di un albergue distribuiva gratis bottigliette di acqua fresca, una manna! In realtà nel mio caso all'arrivo delle ore calde ho cominciato a soffrire molto la temperatura tanto che sono stato l'ultimo ad arrivare o quasi. Per fortuna (come già accennato) avevamo già scelto un albergue privato e quindi i primi arrivati hanno prenotato i posti per tutti gli altri. Sulla giornata a Belorado non ho molto da dire: avevo la febbre! In ogni caso la cittadina era carina ma sembrava quasi una località di mare in inverno, come fosse spopolata. Nella piazza principale, molto carina e purtroppo assolata, erano stati montati dei gonfiabili e c'era della musica ma il clima non era così festoso. A proprio vantaggio ci sono due negozi per fare la spesa quindi non vi mancherà il cibo, c'è la farmacia e c'è l'ospedale (Centro de Salud). L'albergue, oltre ad essere gestito da uno degli hospitaleri più cordiali che abbia conosciuto (quando ha capito che non stavo bene mi ha detto che potevo fermarmi una seconda notte senza problemi) ha un bell'esterno e una bellissima piscina (di quelle vere). Le stanze sono al terzo piano quindi ci sono un po' di scale da fare ma sono piccole abbastanza da poter avere la fortuna di evitare russatori notturni. Docce e bagni sono un po' sottodimensionati ma nulla di problematico e sono misti. Ametto di essermi goduto poco la serata e di aver riposato per farmi scendere la febbre e per cercare una soluzione ad una reazione allergica che avevo da giorni ma che avevo trascurato.
Domenica 12 agosto 2012
Belorado -> Atapuerca (30,3 Km)
Albergue privato La Hutte (7€?), 20 posti CAS,CUC, COM, WI (ci sono due reti ma solo una funziona bene nei dintorni dell'ingresso del bar)
La mia partenza da Belorado è stata diciamo in solitaria: sono andato all'ospedale per risolvere il problema della reazione allergica; ho trovato un medico molto competente che ha risolto in breve tutti i miei problemi e che mi ha parlato in inglese (ho difficoltà ad esprimermi in spagnolo) ma ovviamente ho aspettato che fosse mattina per andare quindi sono partito con verso le 9 del mattino. Complice il clima (cielo coperto) e la decisione di fare una tappa breve nonostante nessuno (me compreso) avrebbe scommesso il giorno prima sulle mie capacità di rimanere al passo con gli altri, la storia insegna che arrivai. Il percorso merita veramente la vostra attenzione e raggiungere San Juan de Ortega è una vera soddisfazione anche se effettivamente si tratta nuovamente di un buco. La chiesa, l'albergue e il bar sono tutto quello che c'è. Io ne ho approfittato per pranzare siccome ci sono dei tavolini e una fontana che sembrano messi lì apposta. Il villaggio sembra comunque molto adatto anche ad una sosta notturna ma nelle mie intenzioni c'era l'idea di raggiungere gli altri per continuare il mio cammino insieme a loro. Ripartendo da San Juan de Ortega ho incontrato Alessandro che, zoppicando per la tendinite, mi ha reso partecipe della sua decisione di lasciare il cammino per riposare il piede e magari usufruire degli ultimi giorni di ferie prima di tornare al lavoro. Non penso sia stata una decisione facile la sua, perché è come lasciare un'opera incompiuta ma ho condiviso la sua scelta perché sono sicuro fosse dettata da una situazione fisica veramente compromettente. Anche il pezzo di cammino che segue San Juan de Ortega e si articola nel bosco è molto molto bello e rilassante. Raggiunta Ages ho approfittato per una pausa e per salutare i bresciani+Stefano+Fausto che avevano deciso di passare lì la notte e con i quali si sono fatti i grandi saluti in previsione di non rivedersi (per il loro vicino ritorno verso l'Italia) ma il destino vorrà diversamente. Ho proseguito poi per quei pochi chilometri che mi dividevano da Atapuerca (sito di interesse paleontologico o qualcosa del genere) e da Manuel e Katia. Il percorso da Ages ad Atapuerca costeggia una strada poco trafficata ed è un peccato in confronto ai paesaggi che vi sarete lasciati alle spalle ma avvicinandosi a Burgos ne vedremo anche di peggio quindi mai dire mai. L'albergue privato dove siamo stati è considerabile un bar un po' allargato. Ricordo che dalla stanchezza ho anche fatto il menù del pellegrino scegliendo piatti a caso in base a nomi spagnoli a me ignoti ma in fin dei conti ho mangiato bene (chissà se era un coniglio o un gatto...). Le stanze sono un po' arrangiate ma i posti letto non sono tanti quindi non c'è ressa, si può usufruire della presa (o litigarsela, come ho fatto io) e mangiare nella sala all'ingresso, oppure fuori dove ci sono tavolini e sedie del bar. Il paese è molto rilassante e silenzioso; attenzione se volete mangiare in sala da pranzo perché ad una certa ora incominciano ad occuparla con i letti se arrivano più pellegrini del previsto. In ogni caso personalmente Atapuerca è stata una tappa importante del cammino, arrivarci nonostante le avversità e ritrovare la compagnia di Manuel e Katia (saldo trio che poi seguirà per molti giorni) è stato un bel traguardo.
Lunedì 13 agosto 2012
Atapuerca -> Hornillos del Camino (40 Km)
Albergue municipale (5€), 32 posti CAS, CUC, COM,WI
Questa tappa ha nuovamente dell'incredibile: data la compagnia fissa composta da me, Manuel e Katia e la scarsa sopportazione (sicuramente da parte mia) della calura, dovendo affrontare le mesetas sono stati i giorni in cui ci siamo alzati prima in tutto il cammino (3e30) in modo da partire alle 4 e raggiungere meta poco dopo pranzo. C'è da sottolineare che rispetto all'Italia (o meglio al nord Italia) le giornate spagnole iniziano più tardi come luminosità, hanno un picco di calore presumibilmente tra le 14 e le 15 e il sole rimane brillante e luminoso anche alle 21. Questi strani ritmi, diversi dalle nostra abitudini, li sentirete moltissimo proseguendo perché vi allontanerete sempre più dal fuso orario italiano e questi effetti saranno più intensi. In ogni caso quella mattina partimmo alla volta di Burgos per vedere la città (una delle tre più grandi del cammino) con la luce e proseguire oltre ma non fummo fortunati. Come dormire per terra o farsi una doccia fredda sembrano essere tappe obbligate di un buon pellegrino anche perdersi la annovero tra queste e a noi non era ancora successo. Nonostante due guide e i miei ingannevoli fogli stampati da internet, arrampicando sul monte lasciata Atapuerca abbiamo preso la direzione sbagliata ad un bivio: io rimango convinto che ci fosse una deviazione precedente che non abbiamo visto ma chi può mai sapere. In realtà abbiamo preso una deviazione e le frecce fatte con i sassi ci davano ragione ma raggiunto il paesino al quale questa deviazione puntava non abbiamo avuto modo di trovare alcun segno del cammino. Fors ein questo punto non eravamo ancora "persi" ma non c'era nessuno al quale chiedere a quell'ora della notte e abbiamo preso verso la strada delle auto che ci sembrava quella più affidabile, ritengo quel momento di scelta il vero attimo di perdizione. In ogni caso la piega ridicola è stata intrapresa successivamente: non sapendo più dove andare ci siamo messi a seguire i cartelli stradali per Burgos, sapendo che distava una decina di chilometri. Questo ci ha portato ad incrociare una mega-statale con tanti di tir che sfrecciavano in continuazione. Verificato che non si poteva passare dai campi perché non c'era alcun sentiero abbiamo deciso, complice il largo margine pedonale della statale, di affrontare il rischio e percorrere la statale in senso contrario in modo da essere visti ed evitati dagli autisti (dato che era ancora buio). Un'ulteriore volta qualcuno ha guardato giù e ci ha fornito a bordo strada un pantalone di quelli da "men at work" giallo fluo con bande catarifrangenti che Manuel ha montato sul suo bastone e portato con la fierezza di un portabandiera olimpionico (e forse pure con lo stesso sforzo) da segnale della nostra presenza. Non so quanti chilometri in più abbiamo fatto quella notte ma anche arrivati nei pressi della città ancora eravamo persi. E' stata la gentilezza (e l'intuito!) di una donna in una stazione di rifornimento (che senza nemmeno farci parlare ci ha spiegato come re-incrociare il cammino) a portarci nuovamente sulla nostra strada. Ad un pellegrino che non vede frecce gialle da qualche ora vi assicuro che sale il panico. In ogni caso tutto bene quel che finisce bene e abbiamo ritrovato la nostra strada; sempre con l'idea di non lasciare il cammino principale (nonostante suggerito dalle guide) siamo entrati in Burgos passando dalla zona peggiore, dalle fabbriche e dallo stabilimento dei pneumatici. Ma la brutta vista si dimentica in fretta quando si raggiunge la città che è davvero un miraggio. La cattedrale (nella quale non siamo entrati ma che offre il biglietto pellegrini a 2,50€) è una delle più belle (dopo incontreremo Leon e Santiago) e sopratutto è collocata in una bellissima piazza nella quale risalta tantissimo la maestosità della costruzione. Ci concedemmo una pausa fieri di aver superato i momenti difficili di qualche ora prima e poi proseguimmo alla volta di Hornilllos del Camino. Raggiungere il paese, una volta usciti dalla città, ha lasciato spazio a paesaggi più carini (ma se ricordo bene sempre con la presenza di una strada a lato, seppur poco trafficata). Le mesetas (che si possono riassumere con le zone tra Burgos e Leon) sono spesso snobbate da chi deve scegliere di saltare un pezzo del cammino per il clima torrido di giorno e freddo di notte e per i paesaggi meno collinari dei precedenti ma a mio parere comunque bellissimi. C'è da dire che spesso si cammina al fianco di strade che però sono talmente poco usate da non creare alcun disturbo ai pellegrini. Ricordo come arrivare ad Hornillos sia stato alquanto faticoso per tutti e tre tanto festeggiare quando abbiamo visto i tetti delle prime case. Nelle mesetas spesso i paesi si vedono solo all'ultimo minuto perché protetti da un altipiano o da una leggera collina e quanto è sconfortante pensare di essere quasi arrivati e non esserne sicuri tanto è gioioso vedere apparire piano piano il paese e sapere che tra pochi minuti ci si potrà riposare. Il paese di per sè è di quelli costruiti intorno alla strada principale, con bar e negozi (oltre ad abitazioni) che si affacciano su essa. Il municipale però è collocato in una bella posizione, vicino alla chiesa che ha un tranquillo piazzale ventilato dove sul muretto ci si può rilassare o mangiare. L'albergue è semplice e abbastanza piccolo, possiede una mini cucina e due tavoli. Una stanza è di sotto mentre le altre sono sopra: bagni e docce sono un po' contati. Si possono lavare le cose nel bagno ma non è facilissimo stendere perché se ben ricordo non c'è nessuna corda. Attenzione poi alla hospitalera che a volte sparisce per ore lasciando un biglietto quindi se avete bisogno cercate di chiederle tutto quando vi accoglie. Ci dovrebbe essere una connessione wireless ad uno dei bar vicini ma io non l'ho trovata. Complice la tranquillità di essere arrivati a destino ricordo di aver riposato molto quel pomeriggio fino ad essere svegliato, ma dolcemente, da un musicista che, esibendosi davanti alla chiesa e con una bravura veramente lodevole ha ripercorso alcuni successi inglesi e spagnoli diciamo "classici" di un po' di tempo fa, ma sempre con una voce molto piacevole. Ricordo quella sera perché mangiando il solito "cibo da cammino" sul muretto di lato alla chiesa abbiamo conosciuto due ragazzi che si sono incontrati e fidanzati sul cammino. Lei era partita direttamente da Lourdes perché atterrata lì con l'aereo ha pensato che il suo cammino dovesse cominciare lì. Lo ricordo, a distanza di tempo, perché qualcuno poi quella sera mi disse che sarebbe piaciuto anche a lui conoscere una ragazza sul cammino e vivere un'esperienza così. I momenti come questo a volte, per chi ha buona memoria come me, sembrano quasi un incipit per qualcosa di più e quando questo accade è dolce ricordarli.
Martedì 14 agosto 2012
Hornillos del Camino -> Boadilla (40 Km)
Albergue privato En el Camino (7€), 48 posti CAS,CUC, COM, WI
Se non mi dilungo molto nella descrizione dei panorami che incontrerete lungo il cammino è perché preferisco far parlare le foto e perché credo vadano vissuti per comprendere tutte le sensazioni che portano, solo scrivendo mi vengono alla mente i campi di girasole, il vento, quel giallo così intenso. In ogni caso, la tappa in direzione Boadilla è stata lunga per il chilometraggio ma meno pesante del giorno precedente, complice anche il percorso tipico delle mesetas e cioè quasi piatto. In più lungo la strada abbiamo incontrato il rifugio di San Nicolas, gestito dai "discepoli" della confraternita di perugia che ha fornito a tutto il trio la credenziale in Italia. Ci siamo intrattenuti qualche minuto con questo simpaticissimo fratello toscano e ci è dispiaciuto non poter passare la notte lì, senza luce e forse nemmeno acqua, ma in questo albergue storico molto molto semplice. In ogni caso il nostro cammino è proseguito anche con il suo consiglio di alloggiare all'albergue En el Camino, di cui conosce evidentemente l'hospitalero. Arrivati in paese scopriamo nuovamente che le guide ogni tanto hanno torno. Appena entrati vediamo una signora scendere con del pane fresco e nonostante di solito sia prassi prima lasciare lo zaino e poi andare a fare compere abbiamo deviato direttamente nella sua direzione per comprare a nostra volta del pane. Arriviamo in questo cappannone dove una donna vende qualche cosa da un furgone: notare che pane e uova erano gli unici alimenti diciamo quotidiani perchè poi aveva un sacco di merendine e cose del genere. Facciamo un piccolo rifornimento e appena la salutiamo prende e con il furgone si allontana dal paese: per fortuna che l'abbiamo beccata in tempo perché il negozio sulla guida non esiste. Arriviamo all'albergue, ci accoglie Edoardo: è simpaticissimo e si vede che il suo lavoro lo appassiona perché ricorda i nomi di tutti e gestisce praticamente tutto. Ci dà subito il nostro posto nella stanza e si mette a disposizione. L'albergue è carino, c'è un bel prato, c'è dello spazio anche all'ombra e c'è una piscina per rilassarsi un po'. Dentro il bar/ristorante c'è anche un piccolo smercio di frutta, merendine e via dicendo. La caratteristica è che la frutta è venduta al pezzo ma come al solito campeggiano le banane platano e le pesche. Durante il percorso, all'ora di colazione, avevamo avuto modo di conoscere altri ragazzi italiani con i quali ci eravamo ripromessi di vederci appunto a Boadilla dove anche loro erano diretti. Durante il rilassante pomeriggio sono arrivati e li abbiamo conosciuti meglio: un po' come noi erano partiti tutti singolarmente e si sono conosciuti strada facendo. Alla fine la giornata l'abbiamo passata con loro, facendo chiacchiere su qualunque argomento ed è stato molto piacevole. La sera ci siamo concessi un bocadillo con l'omlette (e complimenti ancora al cuoco, che era pure simpaticissimo) e qualche birra. Io e Katia poi presi dalla stanchezza (e nel mio caso rimpiangendo il pisolino pomeridiano mancato) ci siamo avviati a dormire.
Mercoledì 15 agosto 2012
Boadilla -> Ledigos (50,4 Km)
Albergue privato El Palomar (6€?), 40 posti CAS, CUC, COM, WI
Il nostro viaggio partendo da Boadilla la mattina presto, come orami d'abitudine, ha avuto uno sviluppo tutto particolare. Poco dopo la partenza ci ha colto un temporale improvviso: io non mi sono portato il k-way sprerando nella magnanimità del mese di agosto ma anche i miei compagni di cammino che lo avevano non hanno fatto in tempo a metterlo. In queste zone del cammino spesso si costeggia una strada a lato tramite un percorso di ghiaietto contraddistinto da dei "paracarri" con sopra la concha cioè la conchiglia. Per fortuna eravamo abbastanza vicini ad un paesino da ripararci (ma il temporale aveva già smesso) e da vestirci di conseguenza. Qualche chilometro dopo decidiamo di fermarci a fare colazione in una cittadina di una dimensione abbastanza grande soprattutto per la zona. Qui Manuel si rende conto di aver perso il cappello, magari nella ressa che ci ha scosso all'arrivo del temporale; per risolvere il problema manda un messaggio a Sonia (con la quale nel frattempo si era costituito un certo feeling) e mentre ci siamo allontanti dal paese alla volta di Ledigos, dopo una chiamata, Manuel decide di abbandonarci, tornando indietro. Sottolineo che abbandonare non è il termine giusto prima di tutto perché era la cosa giusta da fare, secondo perché sapevamo che ci saremmo in qualche modo rivisti (se non in Spagna, in Italia) e sia io che Katia in fin dei conti eravamo contenti che avesse seguito il cuore.
In ogni caso dopo un cammino alquanto lungo, calcolato per avvicinarci il più possibile a Leon ed avere la possibilità di visitare la città, arriviamo a Ledigos. Il paese all'ora della siesta è deserto e non ricordo come finiamo in questo albergue (forse è l'unico) ma la gentilezza non è proprio di casa. Il bar/albergue/market gestito a livello famigliare sembra l'unico punto di vita del paese. La cucina è piccola ma abbastanza rifornita, ci sono dei tavolini per mangiare all'aperto e docce e bagni sono spaziosi, si può anche stendere. Il negozietto, al quale potete accedere solo chiedendo all'"hospitalero" che vi introdurrà in una stanzina nella quale scorte del bar e qualche prodotto da smercio coesistono, non è fornito granché ma per cenare senza approfittare del bar può bastare. Diciamo che il lato più positivo è che la stanza non ospita molte persone quindi potete rilassarvi abbastanza in pace. Ovviamente i contatti con Manuel, tramite cellulare, non sono mai cessati soprattutto per soddisfare la nostra curiosità di come fossero andate le cose dopo la divisione avvenuta in giornata.
Giovedì 16 agosto 2012
Ledigos -> Reliegos (46,8 Km)
Albergue privato La Parada (6€), 40 posti CAS, CUC, COM, LAVWI
Il percorso che lega Ledigos a Reliegos non è stato dei migliori: forse per l'assenza di Manuel, forse per i paesaggi non più così eccezionali e spesso affiancati da una strada siamo arrivati a meta decisamente stanchi (complice anche il chilometraggio del giorno precedente). Nonostante la nostra intenzione fosse quella di arrivare a Reliegos ci eravamo tenuti la possibilità di fermarci a El Burgo Ranero nel caso la stanchezza fosse elevata: tra i due villaggi infatti c'è nuovamente il nulla. I 13 chilometri che li dividono non sono proprio pochi e anche in questo caso è necessario provvedere ad una scorta d'acqua. Sul percorso sono presenti delle aree di descanso cioè di riposo tra cui quella dove ci siamo fermati a pranzare che offre un tavolo all'ombra e non è troppo lontana dal paese (e quindi alla ripartenza saprete che vi manca poco all'obiettivo). I nostri sforzi comunque sono stati ripagati dall'avvicinarci molto a Leon e quindi garantirci l'intero pomeriggio libero per girare la città (ricordo ancora che lo definivamo il nostro giorno di vacanza). Arrivati al paese di Reliegos scopriamo che ci sono molti più albergue del previsto (evidentemente di recente apertura) e cercando di direzionarci al municipale finiamo in realtà in uno privato. Sicuramente l'albergue più bello e nuovo di tutto il cammino: i dormitori erano costituiti da pochi letti a castello (3 o 4) e dei letti veri, di quelli che anche se siete alti non avete problemi a starci. Bagni, docce, cucina di una bellezza e pulizia incredibile. Anche in questo caso il gestore ha anche un bar e un ristorante ma non ci sono stati fatti problemi se mangiavamo le nostre cose sui tavoli adiacenti al bar. La cortesia non era delle più memorabili (ci dev'essere una zona di poca educazione da quelle parti) ma l'alloggio è consigliabilissimo. L'hospitalero in fin dei conti si è rivelato burbero ma disponibile. Il paese non era costituito da granché ma ricordo che passammo tutto il pomeriggio nell'albergue data la stanchezza e la comodità. Se non ricordo male anche in questo caso era presente un market interno ma come al solito la fornitura non era delle migliori tanto che credo l'abbia visto solo Katia. Personalmente la soddisfazione più grande di quella giornata la devo all'essermi reso conto (cosa che nei giorni prima stava invece svanendo) di poter entrare a Santiago sulle mie gambe nonostante alla partenza sembrasse un'impresa così difficile.
Venerdì 17 agosto 2012
Reliegos -> Leon (26,7 Km)
Albergue parrocchiale Benedictines (5€), 125 posti CAS,CUC, COM, WI (aperto)
La nostra giornata di "vacanza" è stata poi veramente tale. La breve distanza con Leon ci ha permesso di percorrere in fretta il cammino ed arrivare in mattinata dalle suore Benedettine. La città è veramente grande e ammetto che siamo stati un po' spaesati all'arrivo alla cattedrale perché le indicazioni per il convento erano sparite. All'ufficio informazioni turistiche abbiamo ritrovato la bussola e raggiunto la sede. La piazza sulla quale si affaccia l'albergue (l'unico rimasto dopo la chiusura del municipale, forse temporanea) è molto grande e carina, con qualche bar a dare la faccia verso la una chiesa e rimane a 5 minuti a piedi dalla cattedrale. L'accoglienza seppur calorosa, è sembrata un po' sterile. Ripensandoci non dev'essere facile accogliere più di 100 pellegrini ogni giorno e le cose finiscono per diventare degli automatismi. In ogni caso mi ha stupito la separazione tra uomini e donne e la camerata (veramente simile a quelle militari di Full Metal Jacket) enorme. Nonostante sia parrochiale è richiesta una quota fissa di 5€, c'è la possibilità di lavare e stendere il bucato e di mangiare in una sala comune al primo piano. La cena non è prevista mentre è prevista la colazione a donazione (che ancora ricordo per l'abbondanza). Unico difetto sembra essere l'apertura del portone che non avviene prima delle 6. In ogni caso dopo una rilassante doccia io e Katia andammo in centro con lo scopo di fare delle commissioni (farmacia, check-in e via dicendo) e di visitare la Cattedrale. Quest'ultima chiude nel pomeriggio (riapre alle 16) come un po' tutte le attività in Spagna (anche se mi aspettavo che Leon facesse eccezione). Se avete bisogno di fare o anche solo stampare il check-in online potete usufruire della copisteria/internet point che trovate lasciandovi la cattedrale alle spalle sulla via maestra, alla vostra sinistra nella prima traversa (se ben ricordo). Per ogni altra necessità Leon offre tutto quindi se cercate abbigliamento o altro qui lo potrete trovare. E' anche uno dei pochi posti dove potete trovare il gelato artigianale (un po' diverso dal nostro) oltre a dei veri supermercati (ma attenzione a quello che comprate perché lo zaino, il giorno dopo, potrebbe risultare appesantito). La visita alla Cattedrale merita veramente i 5€ (nessuno sconto pellegrini) di biglietto e include anche un'audioguida che vi narrerà tutta l'incredibile storia della costruzione e ristrutturazione della chiesa. Giusto qualche dato per stupirvi un po': è la cattedrale con la superficie vetrata più ampia al mondo; è stata costruita nel massimo splendore del periodo gotico e quindi ne riporta tutti i canoni; è stata costruita in soli 50 anni ma dato che i calcoli volumetrici sono stati un po' sbagliati ha rischiato il completo crollo non molti anni dopo (mi pare un centinaio); la cosa, che ha preoccupato molto gli abitanti di Leon, è stata evitata grazie ad un intervento ventennale sulla struttura portante, durante il quale non è stato più possibile accedere al luogo di culto (per tutto il resto visitate la Cattedrale da voi). Il biglietto include anche un tour al chiostro: diciamo solo evitabile. L'accozzaglia senza nessun ordine logico delle statue e altri oggetti insieme alla noncuranza della struttura del chiostro (che tra un po' cade a pezzi) lo rendono un posto veramente brutto da visitare. Ma a Leon non c'è solo la Cattedrale: anche le vostre guide riporteranno la chiesa di St. Martin (se memoria non inganna) dalla quale tra l'altro passa il cammino in uscita dalla città. In ogni caso Leon è una città bellissima e merita una visita. Per noi poi è stata magica per la reunion con i bresciani (Ciro, Beppe, Mauro) che hanno fatto "scalo" con il bus direzionati la mattina seguente a Madrid e all'aereo per l'Italia. Trovati casualmente fuori dall'albergue abbiamo avuto modo di salutarci per bene davanti ad una cerveza. Loro ci hanno messo al corrente di una seconda possibilità di alloggio che è stata messa a disposizione dal comune dopo aver chiuso l'abergue e cioè le residenze universitarie che, in stanze da 4 posti se non erro, permettono di entrare ed uscire a qualunque ora alla modica cifra di 10€. Certo per chi vuole vivere un po' la città, considerato che le Benedettine chiudono alle 21e30 questa è una buonissima scelta. Il contrappeso della bilancia è costituito dal doversi perdere l'orazione (la preghiera delle ore) delle benedettine che nonostante io non sia professante, ammetto che è stata particolare. Passare tutto il pomeriggio senza zaino e in infradito ha fatto sicuramente bene a tutto l'organismo tanto che ricordo che dopo Leon sono stato molto meglio, la tendinite al collo del piede si è risolta e ho cominciato a camminare (quasi) normalmente.
Sabato 18 agosto 2012
Leon -> Santibanez de Valdeiglesias (38,5 Km circa)
Albergue parrocchiale (6€), 50 posti CAS, CUC, COM,WI
Come non ricordare la giornata che ci ha condotto all'impronunciabile paese di Saintibanez, scommetto che se Katia sta leggendo questo pezzo di racconto già ride al ricordo di quello che è successo, ma cominciamo dall'inizio. La colazione dalle Benedettine è stata un vero toccasana a base di latte caldo (e colacao, il nesquik spagnolo) e burro e marmellata, insomma la colazione dei bambini che devono crescere. Con tutte quelle energie in corpo siamo riusciti ad affrontare il percorso in uscita da leon che si è rivelato bello rispetto ad esempio a Burgos. Nonostante le benedettine fossero sommerse dai pellegrini (più di 100) ci siamo stupiti di non trovarne molti per il cammino ma la sera anche questo arcano ci sarebbe stato svelato. Tra le conoscenze della giornata il ragazzo con il quale abbiamo speso più tempo è stato Roberto, venezuelano da qualche mese a Roma. E' stata un'ottima compagnia (anche per la sua bravura in italiano altrimenti sarebbe stato difficile dialogare) fino al suo arrivo a San Martin del Camino. Il cammino in un punto non ben precisato si divide e permette di fare una deviazione che vi permette di arrivare ad Astorga ma era già nostra intenzione fermarci al paesino impronunciabile e abbiamo dunque seguito il cammino principale o meglio.. abbiamo tentato di farlo ma una serie di freccie cancellate e riscritte ci hanno portato sulla deviazione, fortuna vuole che un ciclista di passaggio (e del luogo! non un pellegrino) ci indicasse la giusta via. Il caldo (essendo partiti alle 6) non mancava ma ci siamo concessi una pausa ad Hospital de Orbigo, su una panca a mangiare frutta. Durante la pausa passa un ragazzo italiano che contentissimo di aver finalmente degli italiani ci chiede qualche informazione: nel mio diario scrivevo di aver conosciuto "un nuovo ragazzo italiano" e di nuovo il destino sembra così beffardo per cosa ci riserverà. In ogni caso dopo la pausa nonostante la bellezza e la grandezza di Hospital de Orbigo (meritevole) decidiamo di proseguire con le gambe un po' a tronco di faggio, verso Santibanez. Su questa parte del cammino ci troviamo praticamente soli e all'arrivo al villaggio ci rendiamo conto che la guida ha di nuovo mentito quando ha citato il market perché non sembra esserci nulla, forse nemmeno abitanti. Ci dirigiamo al parrocchiale dove un cartello invita ad accomodarsi in attesa dell'hospitalero. Nonostante da fuori gli si potessero dare giusto quattro soldi, una volta varcata la soglia ci si ritrova in un giardino non tenutissimo ma molto carino e soprattutto molto ombreggiato dove la fa da padrone un grande tavolo per le cene e qualche pianta da frutto. Ricordo di essermi addormentato dalla stanchezza sui tavolini di plastica sparsi per il giardino e di essermi svegliato solo all'arrivo di Ercole. L'hospitalero, laziale, diventerà il personaggio di cui parlare per i giorni a venire: simpaticissimo e gentilissimo ci sgrida per non esserci messi a nostro agio mentre lui riposava. Siamo gli unici due pellegrini della giornata e promette di cucinare una cenetta tra noi se non arriva nessuno o di fare un menù più pellegrino se dovesse arrivare altra gente. Il pomeriggio prende una piega molto divertente. Io e Katia ci ammazziamo di prugnette colte direttamente dalla pianta in cortile mentre cominciano a comparire amici di Ercole e della sua inquilina, italiana, che lavora in un bar vicino. Passiamo il pomeriggio a chiacchiere e birrette mentre arriva la sera. Anche il parrocco compare un paio di volte senza spiccicare parola alcuna. Piano piano si palesa l'idea di Ercole di fare gli gnocchi per cena. Nel frattempo la nostra curiosità riguardo alla sparizione dei pellegrini viene appagata: Ercole, che ci rivela quanto il cammino sia ormai diventato turistico (ahimè) ci dice come la maggior parte dei pellegrini vada da Leon ad Astorga in bus (a piedi sarebbero 50km, un po' eccessivi in una tappa sola). Non rimaniamo nemmeno increduli dopo aver conosciuto pellegrini che hanno fatto dei pezzi in bici, altri con dei microzaini (e che quindi si fanno portare i bagagli) e addirittura con la macchina di appoggio, però è triste. Ercole poi ci racconta come il giorno prima due ragazze italiane fossero arrivate all'albergue chiedendo di poterlo vedere. Premessa vuole che non fosse l'albergue più recente che abbia visto: i due bagni e le due docce erano fuori, nel giardino, come il lavandino. Le stanze erano piccole e con pochi letti che tuttavia sembravano abbastanza comodi. In ogni caso dopo aver valutato la situazione avevano chiesto di chiamare un taxi (un taxi!!), rendiamoci conto. Io e Katia eravamo felicissimi invece di aver trovato una tranquillità inaudita e di essere in compagnia del primo e unico hospitalero italiano. Le sorprese sembravano non finire tanto che verso sera compare questo ragazzo austriaco (pellegrino d'esperienza), passato a salutare Ercole con un amico e diretto verso la patria. Ovviamente da buon italiano del sud Ercole lo costringe a fermarsi a cena in nome di gnocchi al ragù e qualche ora dopo incominciamo (anche se non mi è stato permesso di fare molto per esubero di personale) a fare dei fantastici gnocchi di patate fatti in casa. E' stata una delle cene più sostanziose e divertenti del cammino, finalmente potevamo parlare italiano in libertà (dopo qualche giorno la cosa ti manca) ed essere compresi. Sembrava di essere finiti in una commedia all'italiana dove da un momento all'altro può entrare un personaggio nuovo e aggiungersi a tavola. Dopo i fantastici gnocchi ci siamo concessi la messa principalmente perché convinti da Ercole che fosse "caratteristica" per la sua brevità. Entrati in chiesa ci rendiamo conto che il paese esiste dato che ci sono un po' di persone in begli abiti a partecipare alla cerimonia e questo ci ricorda che è sabato. La premessa divertente è che mentre ceniamo (diciamo mezzoretta prima della funzione) incominciano a suonare le campane per interi minuti ma senza seguire nessuna melodia tanto da sembrare un'allarme attacco nucleare. La cosa si ripete (ma in versione breve) poco prima delle 8, orario di messa. Con Katia non facciamo a tempo a percorre i 100 metri che dividono la chiesa dall'albergue e la messa è già iniziata. Noi, vestiti da pellegrini e quindi in sintesi di stracci, ci collochiamo in una delle panche in fondo cercando di seguire la funzione in spagnolo. Il parroco con tosse e raffreddore non si fa problemi a tossire nel microfono e a soffiarsi il naso e nel frattempo io noto come la chiesa sia nuova e spoglia. Tutta la funzione procede in effetti molto velocemente e in 15 minuti d'orologio siamo già ai saluti finali. Io e katia, magari un po' rallentati dai nostri piedi doloranti non facciamo in tempo ad uscire dalle porte sul retro che il parroco ci sorpassa a destra già privo di tonaca, per uscire nella piazzetta in fronte alla chiesa. Giuro che la scena è stata comica, non si capisce come abbia fatto così in fretta a svestirsi e attraversare tutto il corridoio che divide l'altare dalle porte nello stesso tempo che noi muovevamo cinque passi; in ogni caso Ercole anche questa volta aveva ragione, non avevo mai assistito ad una messa così breve. Tentando invano di mettere ordine nella cucina e sulla tavola al nostro ritorno dalla funzione (perché era già stato fatto tutto da Ercole e dai ragazzi) spendiamo un po' di tempo con gli altri nel giardinetto, facendo un po' di domande ad Ercole sul suo cammino e sulla sua permanenza in Spagna e salutando gli austriaci per i quali è arrivata l'ora di partire. Verso le dieci ci salutiamo con gli altri avviandoci verso il letto rendendoci conto della serata particolare che è appena passata.
Domenica 19 agosto 2012
Santibanez de Valdeiglesias -> Foncebadon (37,2 Km)
Albergue parrocchiale Domus dei (donativo), 28 posti CAS, CUC, COM,WI
Lasciare Santibanez, dopo la bellissima serata e la fantastica quanto
rilassante notte passata lì, devo dire che mi ha portato un po' di
rammarico, ma il cammino riserva sempre delle sorprese e ogni giorno è
vissuto in quanto tale sapendo che camminando tutto il giorno si ha la
possibilità di vivere incredibili avventure. Il percorso che ci ha
portato a Foncebadon è da ricordare sia per il passaggio ad Astorga che
ha meritato davvero la nostra attenzione nonostante fosse molto presto e
dunque poco luminoso, sia per i paesaggi successivi. Ad Astorga era
iniziata la sera precedente la festa di una settimana tanto che mentre
noi facevamo colazione abbiamo incontrato più ragazzi ancora in giro
dalla nottata precedente. La piazza principale mi è sembrata molto
carina e anche grande e mi è dispiaciuto non aver avuto il tempo e modo
di sostare lì. Come dicevo i paesaggi che ci hanno portato a Foncebadon
sono tornati quelli tipici anche boschivi che ricordavamo prima di
entrare nelle mesetas. Forse per questo molti pellegrini preferiscono
percorrere solo questo pezzo del cammino (e raggiungere l'agognata
quanto immeritata Compostela) ma rimango dell'idea che un percorso vada
compiuto tutto per apprezzarne i lati positivi e quelli negativi. In
ogni caso, dopo tanti giorni, era anche la prima volta che affrontavamo
una salita alla cui cima ci aspettava la Croce di Ferro, che ci saremmo
riservati per il giorno successivo. Penso fosse proprio in questa
occasione che Katia mi rivelò un altra delle tante cose che non sapevo a
riguardo: sembra infatti che portare lungo tutto il cammino un
sassolino e depositandolo alla Croce di Ferro (che rappresenta il punto
più alto) sia equivalente a portare le proprie preghiere, per sé stessi o
per qualche caro, con un sacrificio tale che verranno esaudite (o
qualcosa del genere, mi scuso se ho male interpretato la cosa).
Ovviamente nel momento nel quale Katia me lo spiegava ho intuito che lei
avesse qualche sassolino e io invece no.
All'arrivo nel piccolo villaggio di Foncebadon ci ha un po' stupito la quantità di costruzioni diroccate. Ci siamo diretti all'albergue parrocchiale in orario di apertura siccome la brevità della tappa (e nel mio caso l'energia degli gnocchi) ci aveva permesso di arrivare presto. Ad accoglierci due hospitaleri: una ragazza giovane, Cristina, che nonostante all'inizio mi sia sembrata una lady di ferro si è rivelata poi durante la giornata di una gentilezza squisita e Fernando, che parlocchiava italiano e penso sia hospitalero da molti, molti anni. L'albergue, semplice ma carino, ha uno stanzone con letti a castello e uno con materassi a terra. Il bagno merita una spiegazione a parte per la comicità con il quale è costruito: all'accoglienza di tutti noi pellegrini Cristina ha tenuto un discorso in spagnolo dicendoci tra l'altro che da italiani avremmo compreso (si, ma parla più piano!!); avevo intercettato una frase nella quale diceva qualcosa tipo "che quel giorno evidentemente non ci stava molto con la testa" e arrivato al bagno ho capito che intendeva l'architetto. Il bagno (diviso tra uomini e donne) permette tramite la prima porta di accedere a lavandino e doccia e tramite la seconda, oltre la doccia, di accedere al wc. In poche parole, anche per la mole di pellegrini presenti, si finisce per passare di fianco ad uno che si doccia per andare al bagno, quasi comico! Anche in questo caso cena e colazione sono comunitarie e non si può lasciare l'albergue prima delle 6e30 del mattino.
La giornata è proseguita per me tranquilla, ci ha raggiunto anche Josè Maria, sempre simpaticissimo e prima di cena abbiamo partecipato ad una messa: il parroco era italiano (e ospite di un altro albergue) e ha celebrato la messa più divertente mai vista. Tra l'allestimento della funzione nella sala da pranzo, con il calice di coccio e il tappo di un barattolo a coprirlo e le letture, oltre alla funzione stessa, lette dall'iPhone, devo dire che mi sono dovuto trattenere dal ridere. Il momento del padre nostro (ognuno nella propria lingua) è stato molto bello ed è rimasto molto impresso nella mente di Katia che lo ricorderà anche nei giorni successivi con gioia. Dopo questa breve messa, nella quale abbiamo scoperto che due pellegrini avrebbero avuto il destino di sposarsi una volta arrivati a Santiago, abbiamo fatto una piccola discussione sul cammino parlando uno alla volta. Qui le doti di Cristina sono risaltate infatti ha tradotto spagnolo-inglese o viceversa tutti quelli che non erano in grado da sé e con una precisione invidiabile. Fernando ha poi preso la parola (dicendo che avevamo poco tempo prima di cena ma tirando una filippica pazzesca) raccontando la storia di questa pellegrina salvata dall'attacco di cani randagi appunto da due pellegrini e la quale scriverà poi un libro che renderà famoso il cammino stesso. In ogni caso la parte che mi è piaciuta di più è stata quella nella quale abbiamo scoperto che a Foncebadon sorgeva uno dei più antichi albergue del cammino (ormai in rovina).
Qui comincia la parte divertente: sia io che Katia ci offriamo di dare una mano a cucinare e comincia la nostra avventura serale: una quantità di patate bollite per un esercito in una pentola da Pro Loco e 36 uova sode sono la prova della mole di persone che ci sarebbero state a cena. Anche gli altri pellegrini nel frattempo in sala da pranzo si davano da fare affettando e sminuzzando una quantità di verdure illimitata. Insomma alla fine della fiera, dopo aver lavorato tutti tanto, siamo riusciti ad avere un buon pasto anche se non abbondantissimo per la divisione (eravamo in 36!) necessaria. La cena comunitaria è stata molto piacevole e dopo ci siamo concessi anche una tisana, che anche in questo caso partita da 5 persone si è allargata ad una decina. Dopo, su consiglio anche di George, un portoghese a dir poco poliglotta, siamo usciti all'aperto a vedere gli incendi che divampavano sulla montagna: ricordo che faceva un bel freschino, ma in fin dei conti eravamo abbastanza in quota quindi era normale. Sommariamente la serata era stata stancante tanto che appena rientrato crollai nel letto, non sapendo che nessuno di noi avrebbe dormito per i dialoghi russati che avrebbero fatto due della camerata.
Lunedì 20 agosto 2012
Foncebadon -> Cacabelos (43,9 Km)
Albergue municipale (5€), 70 postiCAS, CUC, COM, LAV, WI (psw: 12345678)
Anche la partenza da Foncebadon (come quella dalle Benedettine) ha avuto il privilegio di essere preceduta da una lauta colazione, sempre costituita da leche con colacao, mantequilla e marmellata. Alla colazione eravamo praticamente presenti tutti. Con la pila, ma più per scrupolo perché era già abbastanza tardi, siamo partiti alla volta della Cruz de Hierro. Il giorno prima dalla guida avevamo abbassato le nostre aspettative perché avevamo letto che in realtà la croce è molto piccola e sta in cima ad un palo di legno. Durante la salita abbiamo fatto amicizia con il compagno di letto (a castello s'intende!) di Katia, un ragazzo 19enne di Granada che parlava bene anche l'italiano per aver vissuto un periodo a Como. Ne ho approfittato per far riaffiorare i miei ricordi di Granada e dei tempi d'oro dell'anno scorso. All'arrivo, complice l'alba, ci è piaciuta molto la vista di questa croce circondata da sassi di tutte le dimensioni che ne costituiscono ormai la base. E' un punto molto affollato del cammino perché tutti, e noi non di meno, cercano di farsi una foto con questo sfondo, inoltre è il punto più alto raggiunto, 1500m. Qui il cammino ci ha di nuovo sorpreso perché abbiamo rincontrato Paolo, il ragazzo italiano conosciuto durante la pausa pranzo ad Hospital de Orbigo. Scendendo dalla croce, tramite questo sentiero boschivo un po' stretto ma molto piacevole, abbiamo percorso il cammino tutti e quattro assieme e per un pezzo con altri due ragazzi italiani in aggiunta, fino all'arrivo a El Acebo dove ci siamo quasi tutti divisi per una sosta o per fare spesa. Ho dimenticato di citare il Manjarin, un piccolo albergue dopo la Croce di Ferro che è considerato uno degli storici del cammino anche in questo caso per la mancanza di acqua e luce. In ogni caso merita una citazione perché è proprio qui che sorge il cartello che riporta le distanze da molte città (compresa Trento) e che è uno dei simboli un po' storici del cammino; incontrarlo vi farà molto piacere anche perché vi rendete conto di quanto "poco" manchi a destino.
La città più grande che si incontra scendendo dalla croce (e via assicuro che scendendo è la parola giusta data la ripidità) è Ponferrada. Arrivando dal monte la vista della città non sembra bellissima, si intravede perfino quella che noi abbiamo deciso essere una centrale nucleare, ma poi in realtà si rivela molto carina nel centro anche perché vi accoglie subito un maestoso castello. Anche qui abbiamo avuto modo di girare velocemente e di fare un po' di spesa e di goderci una pausa. Proseguire non è stato facile per la stanchezza che la discesa aveva portato e per la difficoltà di Katia di convivere con la sua tendinite, sempre più presente: per questo motivo io e Paolo ci siamo portati avanti cercando di arrivare presto all'albergue di Cacabelos e di tenerle un posto. La città di Cacabelos vista dall'ingresso sembra un piccolo villaggio come ne abbiamo visti tanti che si sviluppa intorno alla strada principale invece scendendo si rivela una vera e propria città molto estesa. L'albergue municipale si trova proprio in fondo, oltre il fiume, che è utilizzato dagli indigeni per fare il bagno o prendere il sole. L'albergue è di nuovo molto bello: è costruito intorno ad un'imponente chiesa (credo sconsacrata) ed è costituito da stanze da due letti (con armadio) che formano un arco intorno alla chiesa. Docce e bagni sono presenti in abbondanza e si può lavare e stendere la roba, attenzione al vento che ve la rovescerà più volte possibile. C'è poi una zona per mangiare, a sua volta con molti tavoli all'ombra ma non c'è la cucina. Se volete comunque per 8 o 9€ potete ordinare la cena che verrà presa e portata con la macchina dell'hospitalero dal bar che si trova al paese appena dopo (Pieros?) e che sarà anche il primo bar che incontrerete per la colazione la mattina. In ogni caso tornando verso il centro paese troverete più di un negozio dove fare la spesa.
Dopo un meritato riposo e le docce, siamo andati a fare la spesa e tornando sul ponte che attraversa il fiume, dal quale alcuni ragazzi facevano i tuffi, non abbiamo resistito e siamo scesi anche noi nel parco a bordo riva (dove ho fatto amicizia con un tenero cagnolino) per cenare direttamente lì, in un atmosfera proprio vacanziera. La compagnia di Paolo, che ci avrebbe seguito anche il giorno seguente, era già quasi diventata abitudine complice il suo carattere molto socievole. Rientrati in albergue ci siamo concessi un altro po' di svago, nel mio caso grazie alla connessione wireless e poi ho mi sono buttato a letto per la sopraggiunta stanchezza.
Martedì 21 agosto 2012
Cacabelos -> O Cebreiro (37 Km)
Albergue Xacobeo (5€), 100 postiCAS, CUC, COM, LAV, WI
La tappa che ci ha portato da Cacabelos a O Cebreiro è stata
tecnicamente abbastanza facile anche se l'ultimo pezzo in salita è
ammetto abbastanza ripido. Anche in questo caso è stato necessario
prendere un po' di distanza con Katia per cercare di accaparrarci il
posto ma non avevamo considerato il fattore più importante e cioè
l'ingresso in Galizia. Delle regioni attraversate finora devo dire che
la Galizia è quella che mi ha deluso maggiormente: forse per l'elevato
numero di finti pellegrini che percorrono solo questa regione le regole
imposte dalla "giunta" a volte sembrano proprio ridicole. In ogni caso
arrivati a La Faba, villaggio molto carino a metà salita circa, io e
Paolo abbiamo deciso di proseguire diretti sapendo che non mancavano
molti chilometri per la meta: in realtà sono stati dei chilometri
abbastanza difficili. Comunque siamo arrivati a O Cebreiro per avere la
brutta sensazione provata a Roncisvalle: un luogo turistico, di quelli
che manca solo che ci arrivino con l'autobus, tanto da avere negozi di
souvenir, un sacco di bar e un po' di alberghi. Arrivati all'unico
albergue ci troviamo poco dopo l'ora di ingresso ma le persone in coda
non sono poche. Ci avevano già avvisato della lotta che si consuma in
Galizia per accaparrarsi un posto ma finché non lo si vede non ci si
crede. All'ingresso l'hospitalera, gentile come un orzaiolo, ci dice che
è impossibile prenotare un posto per qualcun altro e tristemente ci
sistemiamo nella nostra stanza che stranamente aveva solo letti piani ed
era da 8 posti. Come già accennato nella pagina dedicata gli albergue
della giunta sono tutti simili come costruzione quindi non sto qui a
narrare com'era fatto. Purtroppo all'arrivo di Katia l'albergue
risultava già pieno (ed erano solo le 15!) e qui è cominciata la sua
avventura per dormire con in più la caviglia dolorante dalla tendinite.
Non vi sto qui a raccontare tutta la vicenda (altrimenti sarebbe il suo
racconto) ma per riassumere fummo costretti a dividerci, con Katia che
ha cercato di raggiungere l'albergue successivo, a Hospital de la
Condesa. Per fortuna esistono i cellulari e siamo riusciti a tenerci in
contatto, promettendoci di raggiungerci il giorno seguente.
Nell'albergue di O Cebreiro io e Paolo abbiamo stretto amicizia con altri ragazzi italiani: Antonio e Stefania li ricordo distintamente perché da pazzi sono partiti a metà pomeriggio alla volta di un paesino ad una decina di chilometri più in là sapendo di dormire all'addiaccio. Con tutti gli altri invece abbiamo condiviso la cena e tante chiacchiere, Cecilia era perfino nella nostra stessa stanza, dove la sera si è consumato uno spettacolo da tragedia greca. Al nostro ritorno da un'imperdibile tortilla, ci siamo ritrovati in stanza degli intrusi di Madrid, tutti giovanissimi che non hanno forse colto la fortuna che l'hospitalera gli ha lanciato lasciandoli passare (forse per l'orario) e che si sono comportati talmente male, facendo rumore e occupando letti altrui, da farsi cacciare fuori. A questo punto, con lo spirito dei pellegrini maleducati partiti da un giorno o forse nemmeno, si sono messi ad urlare in spagnolo che sbatterli fuori e costringerli a dormire all'aperto non era nello spirito del pellegrinaggio (detto da loro poi!) e tutto sarebbe finito lì seguito dal mio pronto e meritato sonno se non fosse che questo ha scatenato poi una discussione "alberguale" che ha coinvolto tutti gli inquilini e che si è protratta tipo fino alle 23e30 con nostro massimo disprezzo e nervoso. Tutto bene quel che finisce bene i ragazzi hanno poi dormito all'aperto ma al riparo e con i loro sacchi a pelo (avevano pure i sacchi a pelo!) non penso abbiano patito il freddo dato che riuscivano di nuovo a fare chiasso alle sei del mattino.
Nonostante la volontà di rivedersi con gli altri ragazzi italiani sapevamo che le mete della giornata erano diverse e che sarebbe stato difficile rincontrarsi.
Mercoledì 22 agosto 2012
O Cebreiro -> Sarria (42,5 Km)
Albergue privato Los Blasones (9€), 42 posti CAS, CUC, COM, LAV, WI (psw Josemanuel)
Il villaggio di O Cebreiro si trova ad una bella quota ma non è ancora la vetta della salita che dunque io e Paolo abbiamo intrapreso il giorno dopo. Tutta la salita è un po' ripida ma intrapresa di mattina, freschi di un sonno riposante, siamo arrivati abbastanza in fretta al punto più in quota: Alto do Poyo. Qui ci siamo concessi una colazione discreta prima di partire per la lunga discesa che porta a Triacastela. Eravamo d'accordo con Katia di trovarci lungo il cammino perché la sua tendinite la costringeva ad affrontare le discese molto delicatamente e in questo caso c'era un bel dislivello da affrontare, più di 600 metri. La partenza, quasi contemporanea ma con il vantaggio fa parte sua di un 5km ha permesso di raggiungerla sul tardi, nonostante il nostro passo sostenuto. Triacastela è una di quelle cittadine proprio carine, con dei vicoli sui quali si affacciano i bar e i tavolini e un po' do vita, forse complice anche la bella atmosfera che c'era quel giorno. Qui abbiamo ritrovato Stefania ed Antonio p, che la notte prima avevano affrontato l'avventura di dormire all'aperto, in fin dei conti finita bene. Se ho trascurato di descrivere i panorami che potrete godere su questa parte del cammino non è perché siano brutti anzi, sia la salita verso Alto de Poyo che la discesa offrono bei paesaggi. Devo ammettere che la Galizia è tutta bella anche perché sembra che abbiano curato maggiormente il percorso che anche quando costeggia delle strade è comunque camminabile su un sentiero spesso alberato e a lato. In ogni caso all'uscita di Triacastela il cammino si divide in due possibili percorsi che hanno una differenza di ben quasi 7km! Chiamata Katia per essere sicuri di intraprendere lo stesso percorso ci siamo direzionati verso quello più breve che passa da San XII. Forse è stato questo percorso che ci ha stupito per la quantità di mucche che avremmo incontrato in Galizia, veramente in quantità industriali. Lungo la strada abbiamo conosciuto Jacob, un ragazzo tedesco che ha affrontato tutto il cammino dormendo all'aperto, senza tenda ma solo con il sacco a pelo.
L'ho invidiato per lo spirito ma non mi è passato per il cervello di imitarlo. Finalmente abbiamo poi rincontrato Katia, che nel frattempo si era anche goduta la compagnia di altri pellegrini italiani. Il cammino è un costante saliscendi che non aiuta moltissimo chi ha qualche dolore e risulta in generale più stancante; dopo qualche ora passata assieme a Katia è stato nuovamente il momento di staccarci per accaparrarci un posto a Sarria che è meta di quelli che lasciano Triacastela in mattinata. L'arrivo a Sarria è stato lungo e faticoso ma eravamo approdati in una vera città. La dipendente dell'ufficio del turismo, che attaccava una filippica a chiunque, ci ha fornito la mappa della città, informazioni sugli albergue chiusi o di nuova apertura e più importante sul supermercato. Lo Xacobeo, come ci era stato già detto da delle gentili signore lungo il cammino, era chiuso (forse per disinfestazione). Come già accennato in altre pagine il problema più preoccupante per un pellegrino è che in Spagna hanno degli insetti che mi pare chiamino cencias che fanno dei bozzi pazzeschi e annidandosi nei materassi e via dicendo contaminano velocemente un albergue, per questo sentirete di qualcuno che per qualche giorno chiude. Ci sono comunque anche le zecche a quanto ho capito. La nostra fortuna è stata di non incontrarne e io affermo che mettere un sacco a pelo anche solo come divisorio tra voi e il materasso può aiutare. In Galizia, negli albergue Xacobei, forniscono sempre lenzuola e federa usa e getta. Ok l'igiene ma povero ambiente! Dopo aver avuto tutte le informazioni necessarie sulla città di Sarria ci avviamo verso gli albergue, che in Galizia sono mediamente più cari del resto del cammino (con eccezione del prezzo unico degli Xacobei a 5€). Dopo tre completi troviamo Los Blasones, gestito da una hospitalera gentilissima. Il posto è davvero bello, tenuto, la stanza è gigantesca rispetto agli standard e i letti sono comodi. Bagni, cucina e comedora sono belli anch'essi e riusciamo pure a prenotare il posto a Katia. Sul retro c'è un giardinetto e la possibilità di stendere. Quando arriva Katia ricordo che le diciamo di aver fatto il botto da quanto il posto e la città ci piacciono. Dopo qualche ora di riposo, nelle quali Paolo si è addormentato sul dondolo manco fosse narcolettico, ci avviamo a fare la spesa con la compagnia di un signore sul cammino con la figlia sedicenne. Penso che la ragazza è sicuramente molto fortunata a poter affrontare un'avventura del genere con il supporto del padre. Facciamo scorte per la sera e per una vera cena italiana ripromettendoci anche di trovare le energie per girare un po' la città in serata. Dando il merito a Paolo abbiamo mangiato una carbonara versione chorizo veramente superba. Le sorprese non erano destinate a finire comunque: le ragazze di Rimini, la cui tappa programmata era Triacastela, sono arrivate a Sarria e con malizia potrei ipotizzate spinte dalla voglia di rivedere qualcuno di noi ma è più speranza che realtà. La sera ne abbiamo approfittato per farci una birra con la ritrovata Danila e per vedere un po' la chiesa ma senza muoverci fino al monastero, che si trova in uscita dalla città, per la stanchezza. Le ragazze non ci hanno raggiunto a bere molto probabilmente ancora in convalescenza per la lunga tappa e per l'arrivo tardivo in città. Nella nostra stanzona, durante il pomeriggio erano arrivati altri esempi di pellegrini della domenica: questo gruppo di persone con un viaggio organizzato da un signore italiano che vi dico solo avevano i trolley!! La valigia di quelle con le quali si va al mare tre settimane! È giusto che rubino il posto ai veri pellegrini? Andate in pensione, pellegrini da bus! Prima di andare a dormire la chicca della giornata: Manuel, con il quale erano stati tenuti costanti contatti sulle rispettive posizioni ed esperienze, aveva lasciato la compagnia di Sonia (che era ripartita per l'Italia) e si apprestava a raggiungerci, facendo tappe assassine per recuperare i chilometri di distacco Personalmente invece la sopraggiunta tristezza di essere vicino alla meta e quindi alla fine delle mie vacanze (e le prossime saranno... Mai?) si faceva un po' sentire.
Giovedì 23 agosto 2012
Sarria -> Hospital de la Cruz (32,8 Km)
Albergue Xacobeo (5€), 22 posti CAS, CUC, COM, LAV,WI
L'uscita da Sarria, che passa per il monastero (che funge anche da albergue) è carina e nel nostro caso abbastanza buia dato che per fare una tappa corta ma piena di piccoli di dislivelli avevamo deciso di alzarci veramente presto. La cosa che vi farà più piacere è il paracarro del chilometro 100, che soddisfazione! Il percorso che ha seguito quella giornata poi è stato reso magico dalla presenza di animali in ogni dove. Mucche, pulcini, perfino un cavallo che giocava a correre scalmanato. Preso come giorno di riposo ci siamo concessi più pause lungo il tragitto e ci siamo goduti un po' i paesaggi che il cammino offriva. Ci eravamo tenuti la possibilità di proseguire oltre Hospital de la Cruz ma dato che il tempo era molto nuvoloso e non prometteva nulla di buono, arrivati lì e trovato posto non abbiamo voluto rischiare 3 Km fino a Ligonde per poi ritrovarci magari senza alloggio. L'albergue della giunta, come già descritto, era simile agli altri con pregi e difetti tra cui il maggiore è la presenza sempre di cucine bellissime ma senza stoviglie. Vigeva la tranquillità, eravamo i terzi arrivati. L'albegue sorge al lato di una strada effettivamente un po' trafficata ed è circondato dal nulla. A qualche minuto a piedi sorge un bar che fa anche cucina ma alla carta. Il consolidato trio si è quindi concesso, dolo cena, una birretta. Qui abbiamo ritrovato anche tre italiani incontrati a spizzichi e bocconi lungo il nostro viaggio che sono riusciti ad usare qualunque mezzo (piedi, bus, bici) per compiere il cammino. Comico il fatto che uno di loro sostenesse come fosse illogico e innaturale fare il cammino in bici dopo aver saltato la tappa Burgos-Leon appunto in bici! Nel rilasso e riposo di quella giornata ricordo la malinconia degli ultimi giorni, del rendersi conto che la vita di tutti i giorni e ahimè il lavoro erano sempre più vicini, dei legami intessuti con le persone, per quanto impegno per mantenerli non saranno più vissuti allo stesso modo. Ma in fin dei conti è il destino di ogni vacanza con la sola eccezione che i compagni si conoscono strada facendo. Inoltre immaginavo che il giorno seguente ci saremmo divisi: Manuel ci stava raggiungendo ma io non potevo permettermi di fare 40km il sabato e arrivare a Santiago con poco margine quindi avrei preferito allungare il venerdì e tenermi vicino alla città.
Venerdì 24 agosto 2012
Hospital de la Cruz -> Arzua (loro) (42,9 Km) -> Arca do Pino (Pedrouzo) (62,4 Km)
Albergue privato Via Lactea (10€), 60 posti CAS, CUC, COM, LAV, WI (aperto)
Palestra municipale (0€),CAS, CUC, COM, LAV, WI (all'esterno della palestra con segnale debole)
La mia penultima giornata sul cammino e in Spagna è stata costellata da incontri divertenti. A Melide abbiamo chiacchierato con una gentilissima suora italiana che si è premurosamente informata sulla nostra avventura. Anche in questo caso ci trovavamo in una cittadina medio grande. Il tempo era coperto e ci siamo presi un po' di pioggia debole ma ho l'impressione che la configurazione e la posizione della Galizia la rendano molto piovosa. Il clima interno al gruppo invece è stato molto silenzioso, forse per la levataccia, nel mio caso per la presa di coscienza che il lunedì seguente sarei tornato al lavoro alle 8. Insomma tra tutti i saliscendi arrivammo alla nostra tappa naturale, Arzua, una cittadina strana che non mi è piaciuta moltissimo ma dove i miei compagni di viaggio Katia e Paolo hanno trovato un bell albergue, forse un po' troppo semplice. Abbiamo deciso di pranzare insieme aspettando anche manuel che era in arrivo e poi io avrei proseguito per avvicinarmi il più possibile a Santiago compatibilmente con la vita. Manuel ci ha finalmente raggiunto in compagnia di Danila dopo essersi fatto tappe da 60km al giorno per i due giorni precedenti e rincontrarsi è stato davvero bello. Abbiamo passato tutta la pausa a raccontarci le avventure dei precedenti giorni e curiosi di sapere la vita di Manuel distante da noi. Nonostante il tempo non fosse dei migliori ho preso lo smettere della pioggia come un segno del destino e ho deciso di lasciare, con molta tristezza ammetto, la compagni dei miei amici per avvicinarmi il più possibile a Santiago in prospettiva di ottenere compostela e informazioni importanti al mio arrivo. La partenza e il cammino non sono stati semplicissimi soprattutto per il riprendere della pioggia che in alcuni tratti si è rivelata battente ma era una giornata nella quale mi sentivo molto energico ed è stata la scelta migliore. A Santa Irene l'albergue Xacobeo era pieno ma è comunque molto piccolo e dunque ho deciso di proseguire tre chilometri verso Arco o Pino. La città si articola anche questa volta intorno la strada principale e l'albergue della giunta si trova all'ingresso: arrivato alle 18 ho trovato pieno anche quello e la vista di "pellegrini" che si rifornivano alla propria macchina mi ha mandato il sangue al cervello. In ogni caso l'hospitalera, che non meriterebbe nemmeno questo titolo dato che non rispetta le regole alla base del cammino, mi ha subito indicato il centro sportivo. Qui ho trovato un sacco di altri pellegrini, mi sono sistemato sul mio materassino e ho fatto una doccia fredda, non che avessi altra scelta. Ammetto che è stata una serata molto rilassante: ho mangiato sui gradini del comune, mio sono guardato la città e sono tornato, stanchissimo e assonnato a dormire (verso le 21) sul mio materassino. È stata una notte molto rilassante e forse tra quelle nelle quali ho dormito meglio, cosa necessaria dopo 60km e con la levataccia (la penultima contando lo scalo aereo) prevista. La distanza dal ritrovato gruppo mi pesava ma per la mia sicurezza era necessario essere più vicino e io ero a soli 20km da Santiago.
Sabato 25 agosto 2012
Arzua/Arco do Pino -> Santiago de Compostela (38,8/20 Km)
Albergue privato San Lazaro (10€), 80 posti CAS, CUC, COM, LAV,WI
La mia uscita dalla palestra è avvenuto alle 5e15 e subito ho trovato altri pellegrini sul cammino: eravamo veramente in tanti. Ho percorso la strada per la maggior parte da solo per riflettere wsulle ultime cose prima di lasciare la Spagna e sono arrivato con qualche difficoltà sul percorso saliscendi e piovoso a San Marcos dove si può godere la vista di un fantastico panorama sulla città di Santiago e visitare l'omonima cappella. Da lì poi un cartello vi indica circa 5km per raggiungere la cattedrale. La discesa verso la capitale della Galizia vi permette di vederne la grandezza da un punto di vista privilegiato e l'ingresso è molto curato. Purtroppo all'ora alla quale mi sono avvicinato io, circa le 9, tutto era chiuso e la forma che la città prendeva era quella un po' fantasma. Arrivato in centro mi sono goduto la cattedrale sotto una pioggerella che intervallata da spicchi di sole, ci avrebbe accompagnato fino a sera. Tutte le informazioni sulla città le potete trovare nella stessa via a lato della cattedrale, bene indicata. Qui per primo incontrerete l'ufficio dei pellegrini che vi rilascerà la compostela in cambio di un'offerta di 1 o 2€ (se volete il tubo per trasportarla costa 1€). Scendendo lungo la via trovate poi l'ufficio del turismo di Galizia che però fa degli orari poco umani (11-14,17-19) ma che è l'unico punto dove vi possono dare credenziale, mappa e elenco degli albergue se voleste seguire il cammino oltre Santiago in direzione Finisterre e Murcia. Poco oltre invece l'ufficio della città di Santiago dove potrete avere gratuitamente la mappa della città (effettivamente utile) e un sacco di informazioni, tra le altre gli orari per raggiungere Finisterre e Murcia in bus. A questo proposito il bus non costa poco (mi pare 23€ a/r per Finisterre) quindi se doveste essere in 3 o 4 potete valutare di noleggiar un'auto che vi permette anche di essere meno vincolati agli orari e ai tempi di tragitto (3h). Dopo aver ottenuto l'agognata compostela che riporta il vostro nome in latino (nel mio caso inventato dall'impiegato dell'ufficio) mi sono concesso la colazione in uno dei pochi bar aperti che si trova tra le due officine del turismo (quella regionale e quella della città) e che a quell'ora mi ha garantito un posto caldo e al riparo dalla pioggia. È stato qui, guardando la compostela e le altre carte che avevo avuto, che mi è dispiaciuto non dividere questo momento con i miei compagni di cammino. Per rincuorarmi sono andato a visitare la cattedrale. Mi ha colpito la maestosità e la bellezza dei piccoli spazi, mi hanno stupito i confessionali multilingue con la lucetta spia per sapere se sono occupati o meno. Dopo aver usufruito delle conoscenze di una guida italiana associata ad un gruppo di turisti per un po' ho vagato negli spazi immensi fino a trovare posto su una panca di legno in attesa della messa con un largo anticipo. Ogni giorno a mezzogiorno viene celebrata la messa dei pellegrini e nonostante la mia avversità alle funzioni religiose ammetto che ci tenevo a partecipare, in più la panca si è rivelata un riparo dalla pioggia, un posto tranquillo e un buon appoggio per appisolarmi data che la stanchezza del giorno prima stava improvvisamente arrivando. Non vi descriverò la messa che spero avrete occasione di vivere da voi ma verso la fine ho avuto la bella notizia che i miei compagni di cammino stavano entrando in città. Qui i ricordi si sovrappongono tra chiacchiere, visite alla città, foto di gruppo, il ritrovamento di tanti amici lasciati lungo il cammino e di tante nuove conoscenze. Finalmente, come dicevamo con Manuel, eravamo riusciti a raggiungere Marco che come sempre ha fatto ridere tutti con i suoi racconti e aneddoti. Nel pomeriggio ci siamo messi tutti intorno ad un tavolo per fare due chiacchiere davanti a qualcosa da bere, è stato bello anche se da lì le notte strade si sarebbero divise. Io vivevo quei momenti con gioia e un pelo di ansia per l'orario dato che mi aspettava un'aereo in serata. Dopo i saluti e le promesse di tenerci in contatto eravamo rimasti al nucleo originario composto da me, Katia, Manuel, Paolo e Danila. In questa configurazione dopo qualche commissione siamo rientrati al loro albergue DOE ho avuto modo di appoggiare lo zaino, fare una doccia di nascosto e soprattutto cenare con loro. Ringrazio ancora tantissimo Danila che con la torta di Santiago (non sapevo nemmeno esistesse!) ha reso il mio addio più dolce. I momenti a seguire, verso il primo e il secondo aeroporto con il sacco a pelo agli imbarchi sono stati entusiasmanti solo nel momento in cui guardavo le foto scattate per scegliere le migliori rievocando situazioni, paesaggi, persone. Il caos stava per tornare velocemente nella mia vita ma tra gli insegnamenti che regala il cammino (della vita alcuni dicono) c'è quello della pace, che con un po' di impegno si può mantenere anche nella confusione della quale il nostro mondo, così lontano dai miei ricordi, è intriso.
Molti pellegrini scrivono un diario durante il cammino (in questo caso ricordate di aggiungere carta e penna allo zaino) e nonostante l'idea non mi piacesse mi sono ritrovato a scriverne uno anche io. Questa pagina non è una copia del mio diario, che ritengo troppo personale per essere condiviso, ma piuttosto un racconto diviso in tappe dell'avventura che, con il contributo morale e fisico di tanti amici di cammino, mi ha portato a raggiungere Santiago in 21 giorni.
Per praticità indicherò con:
- CAS la presenza di letti a castello
- CUC la presenza di una cucina attrezzata
- COM la presenza di un posto adibito a mangiare (comedora)
- LAV la presenza di una lavatrice a pagamento (normalmente associata ad un'asciugatrice)
- WI la presenza di internet wireless
Domenica 5 agosto 2012
Saint-Jean-pied-de-Port -> Roncisvalle (27,1 Km)
Albergue collegiale (10€), 183 posti CAS,
La mia avventura aerea per raggiungere Lourdes e poi Sanit-Jean non è stata delle migliori durante la giornata di sabato anche se già prima di partire sapevo che avrei avuto problemi con le coincidenze ferroviarie. In ogni caso sono arrivato, insieme a due ragazze, a Saint-Jean ad un orario improponibile per un pellegrino, le 21e45. Dopo una corsa all'ufficio dei pellegrini per ottenere il timbro (la credenziale l'avevo già) e qualche informazione siamo stati direzionati all'albergue Esponda. L'ufficio vi fornisce di una mappa degli albergue molto dettagliata e aggiornata e di una mappa "altimetrica" dell'intero cammino francese.
Forse già dall'assurdità di quella notte avrei dovuto intuire l'avventura che mi stava aspettando: arrivati all'albergue lo troviamo aperto ma semivuoto. Un ragazzo italiano ci spiega che l'hospitalera deve essersene andata e ci indica una stanza libera nella quale possiamo accomodarci. La mattina del 5 agosto, la mia "levataccia" non mi ha permesso di vedere nessuno e nemmeno di lasciare una donazione perché non c'era nessuna cassetta. Per chi parte da questa località non ci sono negozi per la spesa fino a dopo Roncisvalle quindi il primo esercizio che apre è il panificio (mi pare alle 7) e i negozi verso le 8. Io ho preferito avviarmi presto sapendo di poter contare su un menù del pellegrino una volta arrivato a Roncisvalle.
Le poche ore passate a Saint-Jean (e per di più con il buio) non mi hanno permesso di vedere la città che pur mi è sembrata molto molto bella. Avviatomi con la mia pila per le salite che portano a Roncisvalle ho incosciamente incontrato Marco (che conoscerò il giorno successivo) e mi sono concesso una colazione ad Orisson. Qui, a pochi km da Saint-Jean, c'è un bar gestito da un signore gentilissimo ed è una buona occasione per comprare una bottiglia d'acqua (se non l'avete o se ne avete solo una) che vi potrà accompagnare per tutto il viaggio dato che è molto resistente. Se prevedete inoltre di impiegare del tempo a raggiungere Roncisvalle potete acquistate un bocadillo (panino) e portarvelo per il pranzo.
Essendo il primo giorno ero molto energico e molto eccitato all'idea di affrontare il cammino e ci ho messo poche ore a scalare il monte. Sulla strada ho conosciuto anche Pablo e un paio di altri pellegrini con i quali ho speso solo qualche parola. In tutta sincerità sono partito con l'idea di prendermi del tempo per me solo e di scappare dallo stress della mente affollata di troppi pensieri quindi ho cercato di camminare in silenzio per la maggior parte della giornata.
Per raggiungere Roncisvalle ci sono due cammini. La biforcazione è segnata eccellentemente: il cammino "basso" è meno ripido ed è consigliato in caso di maltempo; il cammino "alto" è quello storico e offre sicuramente panorami più piacevoli, per questo l'ho scelto. Se volete affrontare il cammino alto comunque non si può sbagliare: bisogna sempre andare in salita. La maggior parte della salita (in territorio francese) si effettua sulla strada asfaltata ma state bene attenti perché ad un certo punto si devia invece sul terreno. La deviazione è segnata egregiamente ma dopo qualche ora sull'asfalto sembra strano doverlo lasciare: non preoccupatevi, è la strada giusta. Poco dopo si entra in Navarra e quindi in Spagna. Attenzione alle fontane perché non sono molte e quella dopo il cartello della Navarra mi pare sia l'ultima prima di Roncisvalle. Sappiate che la nebbia la fa da padrone quindi se avrete la fortuna di poter vedere il panorama circostante sarete tra i pochi. Una volta raggiunta la vetta vi troverete ad un incrocio; immagino sappiate già che le indicazioni da seguire sono le frecce gialle ma la particolarità della Navarra (e solo di questa regione) è che le strade da non seguire hanno disegnata una X sempre in giallo. Arrivati alla cima del monte avete due possibilità di discesa in questo caso poco segnalate. La "storica" passa per la foresta, è 400m più corta ma implica un grande sforzo di ginocchia; la seconda costeggia la strada delle auto, è 400m più lunga e più facilmente percorribile: i due cammini si raccordano prima dell'ingresso a Roncisvalle.
Verso mezzogiorno entro a Roncisvalle emozionato per aver raggiunto la mia prima meta ma soprattutto all'idea delle epiche battaglie e dell'Orlando Furioso.. e puf! Chiamarla città è già tanto, è un buco. Un buco medievale, molto carino.. ma se contate più di 4 edifici siete bravi. Personalmente non è stata una delle mie giornate migliori per il freddo preso scendendo dal monte e quindi ho passato molto tempo girando per il paese e cercando il posto dove farmi mettere il timbro con l'idea di un possibile proseguimento. Il posto per il timbro è ufficialmente l'albergue, l'unico presente, dopo la chiesa sulla destra. La fortuna ha voluto che arrivassi qualche ora prima che iniziasse a piovere (ma non che mi svegliassi a ritirare i panni stesi), in generale ho l'impressione che data la quota e la zona sia un villaggio tendenzialmente piovoso. Se decidete di fermarvi a Roncisvalle questo è l'unico albergue per dormire, è più caro della media (10€) ma è nuovissimo e molto ben organizzato, oltre ad essere molto capiente. Non c'è cucina né comedora, però sono presenti lavatrice e asciugatrice.
Per mangiare, come già accennato, potete prenotare il menù del pellegrino (9€) in svariati bar compreso uno proprio di fronte all'albergue collegiale: non ci sono negozi quindi se non avete da mangiare con voi risulta l'unica alternativa. Considerate che siete quasi a 1000m di altezza quindi la sera fa freschino, un'occasione per sfoggiare il proprio pile. Partendo presto e conseguentemente arrivando presto potrete godervi una doccia senza coda e tirare le somme sulla giornata trascorsa: è normale trovare pellegrini che dormono nel pomeriggio quindi avrete la possibilità di scrivere il vostro diario o di incominciare a curare le vostre fiacche (sperando di non averne, al contrario di me).
Lunedì 6 agosto 2012
Roncisvalle -> Pamplona (41,5 Km)
Albergue Jesus et Maria (5€), 114 posti CAS, CUC, COM, WI (cittadino, in piazza Castillo)
Già dalla sera precedente sentivo discutere degli italiani sulla possibilità di aggregare le tappe successive per arrivare in giornata a Pamplona. Reduci da una giornata in salita, anche qualche chilometro in più, ma in discesa sembrava una passeggiata. Partito sempre di buon ora mi sono trovato velocemente a conoscere due personaggi che successivamente sarebbero stati quasi sempre presenti nel mio cammino (fisicamente o per citazione). Dato il loro passo molto simile al mio, ho passato con Marco e Manuel il tempo di quasi tutto il cammino: abbiamo superato insieme Zubiri, considerata la città di fine tappa, e deciso di proseguire alla volta di Pamplona. Il loro fisico, sicuramente più allenato del mio, ha permesso loro di arrivare in un'unica tirata a destinazione mentre nel mio caso mi ha costretto ad una pausa a Trinidad de Arre. Qui ho approfittato per farmi fare il timbro ma soprattutto per lavare due cose bagnate il giorno prima e stenderle oltre a sdraiarmi ai bordi di un parco per rimettere in sesto la schiena. Ho scoperto quella mattina infatti che l'impostazione del mio zaino (non molto aderente alla schiena) mi provocava un inutile sforzo sulle spalle; anche in questo caso è stato Marco ad aiutarmi a risolvere l'arcano. Ricordo benissimo il paese di Arre sia perché molto carino e molto abitato, sia per la tranquillità (sfacciataggine?) con la quale da pellegrino mi sono sdraiato su un muretto per riposarmi, stendendo i vestiti qualche metro più in là. Il ricordo più bello che ho di quel giorno però è merito di un bambino che passando, stretto alla mano della propria mamma, mi ha augurato "buena sorte". Se ci penso ora, ancora mi commuovo.
I paesaggi percorsi fino ad Arre li ricordavo meno belli di quelli del primo giorno, ora a distanza di un intero cammino mi rendo conto di come la foresta di Roncisvalle (nel mio caso affrontata quasi tutta nel buio) fosse effettivamente magica.
La perseveranza di Marco e Manuel, che hanno proseguito direttamente per Pamplona, gli ha permesso di trovare alloggio nell'albergue comunale (Jesus et Maria). Io invece, incrociati poi i bresciani (Ciro, Mauro, Beppe e Stefano-che è bergamasco!-) ho proseguito con loro alla volta di Pamplona: il nostro destino è stato diverso infatti l'albergue era pieno e siamo stati direzionati ad una pensione (Eslava) economica coerentemente con il valore effettivo dell'alloggio. Il rimpianto maggiore della serata è stato quello di non poter cenare con Marco che il giorno dopo ci avrebbe lasciato per percorrere un pezzo in bici ed assicurarsi l'arrivo a Santiago entro la fine delle ferie. Ma come spesso accade sul cammino chiusa una porta se ne apre un'altra: destino volle che nella nostra pensione alloggiasse anche Pablo (conosciuto il giorno prima salendo verso Roncisvalle) che oltre a farci da interprete ci ha guidato alla scoperta di Pamplona illustrandoci tutto il percorso della famosa corsa dei tori di S. Firmino. Cenare a Pamplona non è economico e non esistono menù dei pellegrini in compenso esistono molti supermercati (compreso un carrefour) aperti fino alle nove di sera. La maggior parte dei bar offrono dei piatti combianti a dei prezzi allucinanti (intorno ai 12€) ma anche in questo caso grazie alle capacità linguistiche di Pablo siamo riusciti a raggiungere (non dopo qualche peripezia) un vero ristorante con il menù della sera. Abbiamo mangiato benissimo e il cameriere si è intrattenuto un po' con noi.
Se siete dei maniaci di internet o volete postare assolutamente la vostra posizione su facebook la piazza principale (Castillo) che merita comunque una visita per la sua bellezza, offre internet gratuito cittadino. E' necessario immettere i propri dati in una pagina web che si apre all'aggancio della rete wireless e poi potrete navigare in libertà. Su questa piazza si affacciano anche molti bar quindi se volete unire l'utile (una birra) al dilettevole (una connessione) qui potete farlo.
C'è una possibilità di alloggio di cui ho sentito parlare ma che non ho verificato personalmente: all'arrivo in città ma prima di entrare veramente in Pamplona troverete le indicazioni per un albergue "municipale". Sembra che sia un secondo albergue pubblico con disponibilità di posti e potrebbe essere una buona scelta se arrivate ad un orario (nel mio caso alle 16e30) nel quale credete possa essere pieno l'altro (potete verificare anche telefonando). L'unico svantaggio è il decentramento rispetto alla città ma la sera, senza zaino, qualche passo in più vi sembrerà relax.
Martedì 7 agosto 2012
Pamplona -> Puente la Reina (25,5 Km)
Albergue Padres Reparadores (4€), 100 posti CAS, CUC, COM, WI (presso un bar del centro)
Si può dire che i giorni successivi hanno in parte cancellato i miei ricordi non proprio rosei della giornata trascorsa tra Pamplona e Puente la Reina. Le mie vesciche cominciavano ad aumentare e a fare male e ricordo di aver tenuto un passo veramente lento. In più l'aver voluto fare i gradassi e spararsi 40Km il giorno precedente ci aveva reso tutti un po' stanchi. In ogni caso avevo deciso di arrivare a fine tappa anche per rivedere Manuel con il quale c'era spirito comune da pellegrini. Dal punto di vista paesaggistico però ancora una volta il cammino in questa tappa vi stupirà: la salita che culmina all'Alto del Perdon è davvero magnifica e la soddisfazione di arrivare in cima è tanta. Non si tratta di un punto molto alto (quasi 800m) ma è sicuramente molto panoramico e la vista su tutte le distese circostanti vale proprio la pena di una pausa. Purtroppo la discesa, al contrario della salita, è nota perché costituita da sassi di dimensioni alquanto grandi che non vi sarà facilissimo superare, in ogni caso basta affrontarla con una maggiore calma sapendo che ci si impiegherà un po' di tempo in più.
Arrivati a Puente la Reina la cosa che apprezzerete di più è l'albergue: è semplice e non molto recente ma si respira una vera atmosfera da cammino. Qui si incrocia il cammino aragonese e quindi avrete la possibilità di conoscere anche chi ha intrapreso un percorso diverso dal vostro. Inoltre la presenza della cucina e di due negozietti permetterà (com'è successo a noi) di poter fare delle bellissime cene in comunità. Ricordo ancora la pasta che Mauro e Fausto hanno cucinato per tutti e le risate a tavola. L'albergue è il più economico trovato (4€) e come sempre avrete la possibilità di lavare e stendere le vostre cose. Le stanze non sono molto grandi (ricordo qualcosa come 10 posti) ma sempre con letti a castello. Il posto letto è detto in spagnolo cama da non confondere con camera. Inoltre dietro è presente un bel giardino con qualche albero, tavolini e sedie per rilassarsi il pomeriggio e avere un po' di tranquillità oltre ad un po' di venticello che nelle bollenti giornate di agosto non guasta. Se non siete troppo stanchi approfittate per un giretto nel centro: la porta di ingresso al paese è molto particolare e nonostante vi possa sembrare di dimensioni modeste vi assicuro che sarà uno dei più grandi che si incontreranno e caratteristico nella sua struttura.
Mercoledì 8 agosto 2012
Puente la Reina -> Los Arcos (43,4 Km)
Albergue privato Casa Alberdi (10€), 22 posti CAS, CUC, COM,
Come volevasi dimostrare la costanza non è stata proprio la nostra guida nei primi giorni di cammino tanto da alternare tappe normali a tappe doppie (come questa) ma la voglia di camminare era tanta e nel mio caso anche quella di arrivare in tempo a Santiago. Partendo da Puente una delle località più carine che si incontrano nonostante sia molto piccola è Lorca, purtroppo un po' troppo vicina alla partenza per permettersi una pausa. Dopo un saliscendi continuo si arriva tramite una salita consistente a Villamayor de Monjardin. Qui è un buon fine tappa per chi non vuole proseguire oltre. "A Villamayor de Monjardin il comunale non c'è più. L'unico albergue è l'Oasis (5€), gestito da una simpaticissima copia olandese (protestante). C'è la possibilità di usufruire della cena comunitaria e di fare 20' di riflessione insieme. Il posto è piccolo (25 cama), ma ben tenuto. 2 bagni e 2 docce. Se è pieno vi mettono i materassi x terra, finito il posto potete dormire all'aperto nel campo di pelota... C'è una specie di bottega (3 metri quadrati forse) che apre un paio di ore il pomeriggio (mi sembra dalle 14:00 alle 16:00) dove si può trovare acqua, frutta e verdura (e poco altro). Se decidete di partire la mattina presto ricordatevi che dovete prendere la prima a sx e non andare in fondo al paese e infognarsi in mezzo ad un campo... :-/" (Grazie a Mauro per la segnalazione!)
Chi decide di proseguire deve sapere che oltre Villamayor non incontrerà nulla fino a Los Arcos. E' mio dovere, come vittima di un pomeriggio di sole, spiegare questo passaggio importante del cammino. Villamayor magari non vi sembrerà un paese molto abitato o molto grande ma se siete stanchi vi consiglio di fermarvi e affrontare il deserto con il fresco della mattina (e magari il supporto del buio) perché la strada che divide questo villaggio a Los Arcos è deserto. Sono 13Km senza acqua (è necessario portarsi abbondanti scorte anche in base all'orario) e manciate di Km senza ombra, senza alberi, senza un posto dove sostare al di fuori del sole. Io ho affrontato forse per leggerezza questo percorso nel pomeriggio e posso assicurare che è stato un calvario: la stanchezza e il caldo mi hanno debilitato e camminavo molto piano; appena trovato un albero mi sono fermato per una sosta di mezz'ora (e per recuperare la bottiglietta nello zaino) ma la considero ancora adesso una prova di forza. Ricordo benissimo la felicità alla lettura del cartello di ingresso a Los Arcos e lo stupore davanti alla fontana, nella quale ancora un po' facevo il bagno, tanto che degli indigeni mi hanno scattato una foto mentre mi bagnavo capelli, cappellino, faccia e bevevo come chi non beve da giorni. Detto questo l'arrivo a Los Arcos è piacevole anche perché di nuovo ci troviamo in un paese di dimensioni abbastanza grandi. Purtroppo arrivando tardi (18) non me lo sono molto goduto e ho dovuto passare tutti gli albergue (pieni) per raggiungere l'ultimo del paese (che si trova comunque sul cammino). Ci sono due strutture pubbliche se ben ricordo: il municipale ed una specie di centro sportivo ma a quell'ora capisco che fossero già piene. Le tappe normali infatti prevedono di dormire ad Estella che tra l'altro è una bellissima cittadina ma l'imminente festa popolare della sera (bellissimo vedere i paesani vestiti già con gli abiti tipici durante la mattina) e la vicinanza dell'albergue alla piazza ci hanno convinto a proseguire oltre.
Positivamente il mio miracoloso arrivo a Los Arcos mi ha permesso di rincontrare i bresciani (ma solo 2), tenermi al passo con Manuel (che alloggiava in un altro albergue) e conoscere Katia ed Alessandro. E' incredibile come a distanza di tempo le prime parole con una persona che poi diventerà una compagna di viaggio inseparabile prendano la forma di un aneddoto ma presumo che sia sempre così sul cammino dove conosci una persona oggi e non sai se la rivedrai mai o se ci passerai tutti i giorni seguenti.
Relativamente all'albergue (che però presumo rimarrà sempre un'ultima scelta anche solo per la distanza dal punto di ingresso al paese) nonostante il prezzo eravamo sistemati in stanze molto piccole (6 letti) e quindi il sonno è stato rilassante ed era attrezzato abbastanza bene. L'uso della cucina poi è quasi una rarità negli albergue privati.
Giovedì 9 agosto 2012
Los Arcos -> Logrono (29,5 Km)
Albergue parrocchiale (donativo), 30+ posti
Se volete vivere lo spirito del cammino (e tutte le esperienze/occasioni) che questo implica non vi può mancare una notte in un parrocchiale. Nella maggior parte dei casi infatti questi albergue offrono la cena comunitaria (non fatevi aspettative troppo elevate!) e la colazione la mattina. C'è la possibilità di partecipare alla messa (con benedizione dei pellegrini) e all'orazione dopo cena ma è facoltativo e vi posso assicurare che nessuno vi giudicherà per la vostra scelta. Quello che mi ha stupito all'arrivo di Logrono è stata sicuramente la dimensione della città e all'ingresso dell'albergue la simpatia della signora che ha spiegato tutto nei minimi dettagli in almeno 3 lingue diverse e tutte parlate benissimo. Inoltre sono stati i gestori a cucinare per tutti (il che ha dell'incredibile se pensate alla mole di persone che erano ospitate quella sera e che è così ogni sera...). Certo il compromesso è dormire su dei materassini a terra e condividere una presa in mille (a meno che non abbiate la centrale nucleare, vero Ciro?); allo stesso modo spesso si condivide una doccia e un bagno però l'atmosfera va provata per credere.
Venerdì 10 agosto 2012
Logrono -> Azofra (34 Km)
Albergue municipale (7€), 60 posti
Logrono rimarrà nella mia memoria in modo indelebile per un aneddoto che forse è stato dettato anche in questo caso dall'ebrezza che il cammino porta in tutti noi. La serata in questione era torrida come la giornata che l'aveva preceduta. Ricordo che per sfuggire al caldo andammo al parco dietro la chiesa (che si trova tra un fiume e una strada trafficatissima) per avere un po' di riposo senza però molto successo. In ogni caso dopo la fantastica cena comunitaria alla quale io sventolavo talmente tanto la mia credenziale per non sciogliermi che l'ho quasi compromessa, non so bene chi (ma i posteri hanno dato la colpa a Beppe) ha fatto la sparata di una tappa notturna per raggiungere la meta del giorno seguente. Ovviamente chi se non la mia mente bacata poteva seguire questo pensiero illogico in nome dell'evitare una probabile notte insonne per il caldo (scopriremo solo il giorno dopo che non sarà il caldo ma degli ubriaconi a togliere il sonno a chi diversamente da noi ha deciso comunque di dormire a Logrono). Insomma tirando le somme in 5 decidiamo di lasciare l'albergue alle 10 alla volta di una non ben precisata meta tra Najera e Azofra. In 3 decidono di partire dopo una birretta mentre io e Manuel partiamo direttamente. La fortuna ha voluto che Manuel possedesse una magica pila molto luminosa, che ci ha accompagnato tutta la notte. Ammetto che poco dopo la partenza incominciavo a sentire l'arrivo della sonnolenza (il pomeriggio ero abiutato a riposare ma in quel caso non c'era stata possibilità) ma l'intraprendenza di Manuel mi trascinava. In un tempo discreto (credo prima delle 2 di notte) arrivammo a Navarrete, non senza qualche difficoltà: un lungo tratto del cammino lo abbiamo percorso senza indicazioni sperando fosse la strada giusta e basandoci sul fatto che sembrava portare ad un paese lì vicino. Anche qui, nello spirito del cammino, un operatore ecologico ci ha gentilmente confermato la nostra rotta ma successivamente il problema si è ripetuto; non vorrei pensaste che questo sia dovuto alla visione notturna infatti una volta usciti dalla Navarra si entra nella regione più piccola e povera che attraverserete, la Rioja. Tra le regioni è sicuramente quella dove le indicazioni del cammino sono le peggiori ma percorrendola vi verrà il dubbio che non abbiano i soldi per la vernice gialla. Dopo esserci concessi una pausa a Navarrete, di spirito, abbiamo deciso di proseguire in direzione Najera, pur sapendo che era distante più di una decina di km. Confesso che il percorso (agevole dal punto di vista tecnico e scarso da quello paesaggistico perché affiancato da una strada ad alto scorrimento) è stato lungo per il sonno che mi aveva leggermente abbandonato ma che aveva pervaso il mio compagno di viaggio. Ricordo ancora gli escamotages che usammo per tenerci svegli intonando qualche canzone che conoscevamo entrambi nel buio della notte e nella totale assenza di altre forme di vita. Ma ogni tappa ha la sua fine e arrivammo, verso le 6. In realtà arrivammo prima ma, con l'idea di fare un pisolo ove possibile, io ebbi la malaugurata idea di avvicinarci all'albergue in modo che la zona potesse considerarsi più sicura anche solo per il flusso di pellegrini in uscita. Peccato che il municipale fosse in fondo alla cittadina e quindi con gli ultimi sforzi raggiungemmo due panchine e ci chiudemmo nei nostri sacchi a pelo per un'oretta di meritato sonno. Svegliati dall'uomo che soffiava le foglie (ma che cortesemente ha evitato la nostra zona) ci siamo concessi una colazione per partire, con una lentezza inaudita, alla volta della vicinissima Azofra. Tra gli svantaggi di fare una notturna sicuramente c'è quello di arrivare all'albergue ore prima che apra e senza possibilità di eccezioni. L'albergue di Azofra (del quale si era incominciato a parlare il giorno prima, alla stregua di leggende metropolitane) merita veramente una sosta; è municipale, costituito da stanze da due letti con tanto di armadio per riporre le cose, bei bagni, una cucina molto grande e una sala da pranzo altrettanto. L'esterno è piastrellato ma è carino e soprattutto ha una specie di piscina (si potrebbe definire più una fontana) dove i pellegrini possono tranquillamente immergere i piedi e le gambe per rinfrescarle con l'acqua gelata e godersi un inaudito relax. Durante la giornata poi ci raggiunsero tutti tranne i tre elementi che con noi erano partiti alle dieci di sera: due si erano fermati a Najera e Stefano invece aveva proseguito oltre. Anche quella sera, con il contributo un po' di tutti, ci facemmo una grande pasta condivisa anche con dei ragazzi di Alessandria (che non ho più incontrato lungo il cammino). Sicuramente posso ricordare quella giornata come una delle più rilassanti (i miei piedi ancora ringraziano) e condivise tanto che andammo perfino a fare la spesa tutti assieme.
Sabato 11 agosto 2012
Azofra -> Belorado (38,5 Km)
Albergue privato Cuatro Cantones (6€), 60 posti CAS,CUC, COM, WI (psw: BUENCAMINO)
La tappa che ci ha portato a Belorado, nel mio caso sempre in compagnia di Manuel, ci ha permesso di entrare nella regione più grande (Castilla y Leon) ma non è stata facilissima. Il percorso è in una leggera salita ma la mia stanchezza, trascinata dal giorno prima nonostante il rilassante albergue e le prime fiacche di Manuel ci hanno fatto rallentare un po' il passo. Il percorso offre dei bei paesaggi ma attenzione anche in questo caso alle scorte d'acqua perché sull'ultimo tratto (mi pare da Redecilla) non ci sono fontane: ricordo con gioia che un furgone di un albergue distribuiva gratis bottigliette di acqua fresca, una manna! In realtà nel mio caso all'arrivo delle ore calde ho cominciato a soffrire molto la temperatura tanto che sono stato l'ultimo ad arrivare o quasi. Per fortuna (come già accennato) avevamo già scelto un albergue privato e quindi i primi arrivati hanno prenotato i posti per tutti gli altri. Sulla giornata a Belorado non ho molto da dire: avevo la febbre! In ogni caso la cittadina era carina ma sembrava quasi una località di mare in inverno, come fosse spopolata. Nella piazza principale, molto carina e purtroppo assolata, erano stati montati dei gonfiabili e c'era della musica ma il clima non era così festoso. A proprio vantaggio ci sono due negozi per fare la spesa quindi non vi mancherà il cibo, c'è la farmacia e c'è l'ospedale (Centro de Salud). L'albergue, oltre ad essere gestito da uno degli hospitaleri più cordiali che abbia conosciuto (quando ha capito che non stavo bene mi ha detto che potevo fermarmi una seconda notte senza problemi) ha un bell'esterno e una bellissima piscina (di quelle vere). Le stanze sono al terzo piano quindi ci sono un po' di scale da fare ma sono piccole abbastanza da poter avere la fortuna di evitare russatori notturni. Docce e bagni sono un po' sottodimensionati ma nulla di problematico e sono misti. Ametto di essermi goduto poco la serata e di aver riposato per farmi scendere la febbre e per cercare una soluzione ad una reazione allergica che avevo da giorni ma che avevo trascurato.
Domenica 12 agosto 2012
Belorado -> Atapuerca (30,3 Km)
Albergue privato La Hutte (7€?), 20 posti CAS,
La mia partenza da Belorado è stata diciamo in solitaria: sono andato all'ospedale per risolvere il problema della reazione allergica; ho trovato un medico molto competente che ha risolto in breve tutti i miei problemi e che mi ha parlato in inglese (ho difficoltà ad esprimermi in spagnolo) ma ovviamente ho aspettato che fosse mattina per andare quindi sono partito con verso le 9 del mattino. Complice il clima (cielo coperto) e la decisione di fare una tappa breve nonostante nessuno (me compreso) avrebbe scommesso il giorno prima sulle mie capacità di rimanere al passo con gli altri, la storia insegna che arrivai. Il percorso merita veramente la vostra attenzione e raggiungere San Juan de Ortega è una vera soddisfazione anche se effettivamente si tratta nuovamente di un buco. La chiesa, l'albergue e il bar sono tutto quello che c'è. Io ne ho approfittato per pranzare siccome ci sono dei tavolini e una fontana che sembrano messi lì apposta. Il villaggio sembra comunque molto adatto anche ad una sosta notturna ma nelle mie intenzioni c'era l'idea di raggiungere gli altri per continuare il mio cammino insieme a loro. Ripartendo da San Juan de Ortega ho incontrato Alessandro che, zoppicando per la tendinite, mi ha reso partecipe della sua decisione di lasciare il cammino per riposare il piede e magari usufruire degli ultimi giorni di ferie prima di tornare al lavoro. Non penso sia stata una decisione facile la sua, perché è come lasciare un'opera incompiuta ma ho condiviso la sua scelta perché sono sicuro fosse dettata da una situazione fisica veramente compromettente. Anche il pezzo di cammino che segue San Juan de Ortega e si articola nel bosco è molto molto bello e rilassante. Raggiunta Ages ho approfittato per una pausa e per salutare i bresciani+Stefano+Fausto che avevano deciso di passare lì la notte e con i quali si sono fatti i grandi saluti in previsione di non rivedersi (per il loro vicino ritorno verso l'Italia) ma il destino vorrà diversamente. Ho proseguito poi per quei pochi chilometri che mi dividevano da Atapuerca (sito di interesse paleontologico o qualcosa del genere) e da Manuel e Katia. Il percorso da Ages ad Atapuerca costeggia una strada poco trafficata ed è un peccato in confronto ai paesaggi che vi sarete lasciati alle spalle ma avvicinandosi a Burgos ne vedremo anche di peggio quindi mai dire mai. L'albergue privato dove siamo stati è considerabile un bar un po' allargato. Ricordo che dalla stanchezza ho anche fatto il menù del pellegrino scegliendo piatti a caso in base a nomi spagnoli a me ignoti ma in fin dei conti ho mangiato bene (chissà se era un coniglio o un gatto...). Le stanze sono un po' arrangiate ma i posti letto non sono tanti quindi non c'è ressa, si può usufruire della presa (o litigarsela, come ho fatto io) e mangiare nella sala all'ingresso, oppure fuori dove ci sono tavolini e sedie del bar. Il paese è molto rilassante e silenzioso; attenzione se volete mangiare in sala da pranzo perché ad una certa ora incominciano ad occuparla con i letti se arrivano più pellegrini del previsto. In ogni caso personalmente Atapuerca è stata una tappa importante del cammino, arrivarci nonostante le avversità e ritrovare la compagnia di Manuel e Katia (saldo trio che poi seguirà per molti giorni) è stato un bel traguardo.
Lunedì 13 agosto 2012
Atapuerca -> Hornillos del Camino (40 Km)
Albergue municipale (5€), 32 posti CAS, CUC, COM,
Questa tappa ha nuovamente dell'incredibile: data la compagnia fissa composta da me, Manuel e Katia e la scarsa sopportazione (sicuramente da parte mia) della calura, dovendo affrontare le mesetas sono stati i giorni in cui ci siamo alzati prima in tutto il cammino (3e30) in modo da partire alle 4 e raggiungere meta poco dopo pranzo. C'è da sottolineare che rispetto all'Italia (o meglio al nord Italia) le giornate spagnole iniziano più tardi come luminosità, hanno un picco di calore presumibilmente tra le 14 e le 15 e il sole rimane brillante e luminoso anche alle 21. Questi strani ritmi, diversi dalle nostra abitudini, li sentirete moltissimo proseguendo perché vi allontanerete sempre più dal fuso orario italiano e questi effetti saranno più intensi. In ogni caso quella mattina partimmo alla volta di Burgos per vedere la città (una delle tre più grandi del cammino) con la luce e proseguire oltre ma non fummo fortunati. Come dormire per terra o farsi una doccia fredda sembrano essere tappe obbligate di un buon pellegrino anche perdersi la annovero tra queste e a noi non era ancora successo. Nonostante due guide e i miei ingannevoli fogli stampati da internet, arrampicando sul monte lasciata Atapuerca abbiamo preso la direzione sbagliata ad un bivio: io rimango convinto che ci fosse una deviazione precedente che non abbiamo visto ma chi può mai sapere. In realtà abbiamo preso una deviazione e le frecce fatte con i sassi ci davano ragione ma raggiunto il paesino al quale questa deviazione puntava non abbiamo avuto modo di trovare alcun segno del cammino. Fors ein questo punto non eravamo ancora "persi" ma non c'era nessuno al quale chiedere a quell'ora della notte e abbiamo preso verso la strada delle auto che ci sembrava quella più affidabile, ritengo quel momento di scelta il vero attimo di perdizione. In ogni caso la piega ridicola è stata intrapresa successivamente: non sapendo più dove andare ci siamo messi a seguire i cartelli stradali per Burgos, sapendo che distava una decina di chilometri. Questo ci ha portato ad incrociare una mega-statale con tanti di tir che sfrecciavano in continuazione. Verificato che non si poteva passare dai campi perché non c'era alcun sentiero abbiamo deciso, complice il largo margine pedonale della statale, di affrontare il rischio e percorrere la statale in senso contrario in modo da essere visti ed evitati dagli autisti (dato che era ancora buio). Un'ulteriore volta qualcuno ha guardato giù e ci ha fornito a bordo strada un pantalone di quelli da "men at work" giallo fluo con bande catarifrangenti che Manuel ha montato sul suo bastone e portato con la fierezza di un portabandiera olimpionico (e forse pure con lo stesso sforzo) da segnale della nostra presenza. Non so quanti chilometri in più abbiamo fatto quella notte ma anche arrivati nei pressi della città ancora eravamo persi. E' stata la gentilezza (e l'intuito!) di una donna in una stazione di rifornimento (che senza nemmeno farci parlare ci ha spiegato come re-incrociare il cammino) a portarci nuovamente sulla nostra strada. Ad un pellegrino che non vede frecce gialle da qualche ora vi assicuro che sale il panico. In ogni caso tutto bene quel che finisce bene e abbiamo ritrovato la nostra strada; sempre con l'idea di non lasciare il cammino principale (nonostante suggerito dalle guide) siamo entrati in Burgos passando dalla zona peggiore, dalle fabbriche e dallo stabilimento dei pneumatici. Ma la brutta vista si dimentica in fretta quando si raggiunge la città che è davvero un miraggio. La cattedrale (nella quale non siamo entrati ma che offre il biglietto pellegrini a 2,50€) è una delle più belle (dopo incontreremo Leon e Santiago) e sopratutto è collocata in una bellissima piazza nella quale risalta tantissimo la maestosità della costruzione. Ci concedemmo una pausa fieri di aver superato i momenti difficili di qualche ora prima e poi proseguimmo alla volta di Hornilllos del Camino. Raggiungere il paese, una volta usciti dalla città, ha lasciato spazio a paesaggi più carini (ma se ricordo bene sempre con la presenza di una strada a lato, seppur poco trafficata). Le mesetas (che si possono riassumere con le zone tra Burgos e Leon) sono spesso snobbate da chi deve scegliere di saltare un pezzo del cammino per il clima torrido di giorno e freddo di notte e per i paesaggi meno collinari dei precedenti ma a mio parere comunque bellissimi. C'è da dire che spesso si cammina al fianco di strade che però sono talmente poco usate da non creare alcun disturbo ai pellegrini. Ricordo come arrivare ad Hornillos sia stato alquanto faticoso per tutti e tre tanto festeggiare quando abbiamo visto i tetti delle prime case. Nelle mesetas spesso i paesi si vedono solo all'ultimo minuto perché protetti da un altipiano o da una leggera collina e quanto è sconfortante pensare di essere quasi arrivati e non esserne sicuri tanto è gioioso vedere apparire piano piano il paese e sapere che tra pochi minuti ci si potrà riposare. Il paese di per sè è di quelli costruiti intorno alla strada principale, con bar e negozi (oltre ad abitazioni) che si affacciano su essa. Il municipale però è collocato in una bella posizione, vicino alla chiesa che ha un tranquillo piazzale ventilato dove sul muretto ci si può rilassare o mangiare. L'albergue è semplice e abbastanza piccolo, possiede una mini cucina e due tavoli. Una stanza è di sotto mentre le altre sono sopra: bagni e docce sono un po' contati. Si possono lavare le cose nel bagno ma non è facilissimo stendere perché se ben ricordo non c'è nessuna corda. Attenzione poi alla hospitalera che a volte sparisce per ore lasciando un biglietto quindi se avete bisogno cercate di chiederle tutto quando vi accoglie. Ci dovrebbe essere una connessione wireless ad uno dei bar vicini ma io non l'ho trovata. Complice la tranquillità di essere arrivati a destino ricordo di aver riposato molto quel pomeriggio fino ad essere svegliato, ma dolcemente, da un musicista che, esibendosi davanti alla chiesa e con una bravura veramente lodevole ha ripercorso alcuni successi inglesi e spagnoli diciamo "classici" di un po' di tempo fa, ma sempre con una voce molto piacevole. Ricordo quella sera perché mangiando il solito "cibo da cammino" sul muretto di lato alla chiesa abbiamo conosciuto due ragazzi che si sono incontrati e fidanzati sul cammino. Lei era partita direttamente da Lourdes perché atterrata lì con l'aereo ha pensato che il suo cammino dovesse cominciare lì. Lo ricordo, a distanza di tempo, perché qualcuno poi quella sera mi disse che sarebbe piaciuto anche a lui conoscere una ragazza sul cammino e vivere un'esperienza così. I momenti come questo a volte, per chi ha buona memoria come me, sembrano quasi un incipit per qualcosa di più e quando questo accade è dolce ricordarli.
Martedì 14 agosto 2012
Hornillos del Camino -> Boadilla (40 Km)
Albergue privato En el Camino (7€), 48 posti CAS,
Se non mi dilungo molto nella descrizione dei panorami che incontrerete lungo il cammino è perché preferisco far parlare le foto e perché credo vadano vissuti per comprendere tutte le sensazioni che portano, solo scrivendo mi vengono alla mente i campi di girasole, il vento, quel giallo così intenso. In ogni caso, la tappa in direzione Boadilla è stata lunga per il chilometraggio ma meno pesante del giorno precedente, complice anche il percorso tipico delle mesetas e cioè quasi piatto. In più lungo la strada abbiamo incontrato il rifugio di San Nicolas, gestito dai "discepoli" della confraternita di perugia che ha fornito a tutto il trio la credenziale in Italia. Ci siamo intrattenuti qualche minuto con questo simpaticissimo fratello toscano e ci è dispiaciuto non poter passare la notte lì, senza luce e forse nemmeno acqua, ma in questo albergue storico molto molto semplice. In ogni caso il nostro cammino è proseguito anche con il suo consiglio di alloggiare all'albergue En el Camino, di cui conosce evidentemente l'hospitalero. Arrivati in paese scopriamo nuovamente che le guide ogni tanto hanno torno. Appena entrati vediamo una signora scendere con del pane fresco e nonostante di solito sia prassi prima lasciare lo zaino e poi andare a fare compere abbiamo deviato direttamente nella sua direzione per comprare a nostra volta del pane. Arriviamo in questo cappannone dove una donna vende qualche cosa da un furgone: notare che pane e uova erano gli unici alimenti diciamo quotidiani perchè poi aveva un sacco di merendine e cose del genere. Facciamo un piccolo rifornimento e appena la salutiamo prende e con il furgone si allontana dal paese: per fortuna che l'abbiamo beccata in tempo perché il negozio sulla guida non esiste. Arriviamo all'albergue, ci accoglie Edoardo: è simpaticissimo e si vede che il suo lavoro lo appassiona perché ricorda i nomi di tutti e gestisce praticamente tutto. Ci dà subito il nostro posto nella stanza e si mette a disposizione. L'albergue è carino, c'è un bel prato, c'è dello spazio anche all'ombra e c'è una piscina per rilassarsi un po'. Dentro il bar/ristorante c'è anche un piccolo smercio di frutta, merendine e via dicendo. La caratteristica è che la frutta è venduta al pezzo ma come al solito campeggiano le banane platano e le pesche. Durante il percorso, all'ora di colazione, avevamo avuto modo di conoscere altri ragazzi italiani con i quali ci eravamo ripromessi di vederci appunto a Boadilla dove anche loro erano diretti. Durante il rilassante pomeriggio sono arrivati e li abbiamo conosciuti meglio: un po' come noi erano partiti tutti singolarmente e si sono conosciuti strada facendo. Alla fine la giornata l'abbiamo passata con loro, facendo chiacchiere su qualunque argomento ed è stato molto piacevole. La sera ci siamo concessi un bocadillo con l'omlette (e complimenti ancora al cuoco, che era pure simpaticissimo) e qualche birra. Io e Katia poi presi dalla stanchezza (e nel mio caso rimpiangendo il pisolino pomeridiano mancato) ci siamo avviati a dormire.
Mercoledì 15 agosto 2012
Boadilla -> Ledigos (50,4 Km)
Albergue privato El Palomar (6€?), 40 posti CAS, CUC, COM, WI
Il nostro viaggio partendo da Boadilla la mattina presto, come orami d'abitudine, ha avuto uno sviluppo tutto particolare. Poco dopo la partenza ci ha colto un temporale improvviso: io non mi sono portato il k-way sprerando nella magnanimità del mese di agosto ma anche i miei compagni di cammino che lo avevano non hanno fatto in tempo a metterlo. In queste zone del cammino spesso si costeggia una strada a lato tramite un percorso di ghiaietto contraddistinto da dei "paracarri" con sopra la concha cioè la conchiglia. Per fortuna eravamo abbastanza vicini ad un paesino da ripararci (ma il temporale aveva già smesso) e da vestirci di conseguenza. Qualche chilometro dopo decidiamo di fermarci a fare colazione in una cittadina di una dimensione abbastanza grande soprattutto per la zona. Qui Manuel si rende conto di aver perso il cappello, magari nella ressa che ci ha scosso all'arrivo del temporale; per risolvere il problema manda un messaggio a Sonia (con la quale nel frattempo si era costituito un certo feeling) e mentre ci siamo allontanti dal paese alla volta di Ledigos, dopo una chiamata, Manuel decide di abbandonarci, tornando indietro. Sottolineo che abbandonare non è il termine giusto prima di tutto perché era la cosa giusta da fare, secondo perché sapevamo che ci saremmo in qualche modo rivisti (se non in Spagna, in Italia) e sia io che Katia in fin dei conti eravamo contenti che avesse seguito il cuore.
In ogni caso dopo un cammino alquanto lungo, calcolato per avvicinarci il più possibile a Leon ed avere la possibilità di visitare la città, arriviamo a Ledigos. Il paese all'ora della siesta è deserto e non ricordo come finiamo in questo albergue (forse è l'unico) ma la gentilezza non è proprio di casa. Il bar/albergue/market gestito a livello famigliare sembra l'unico punto di vita del paese. La cucina è piccola ma abbastanza rifornita, ci sono dei tavolini per mangiare all'aperto e docce e bagni sono spaziosi, si può anche stendere. Il negozietto, al quale potete accedere solo chiedendo all'"hospitalero" che vi introdurrà in una stanzina nella quale scorte del bar e qualche prodotto da smercio coesistono, non è fornito granché ma per cenare senza approfittare del bar può bastare. Diciamo che il lato più positivo è che la stanza non ospita molte persone quindi potete rilassarvi abbastanza in pace. Ovviamente i contatti con Manuel, tramite cellulare, non sono mai cessati soprattutto per soddisfare la nostra curiosità di come fossero andate le cose dopo la divisione avvenuta in giornata.
Giovedì 16 agosto 2012
Ledigos -> Reliegos (46,8 Km)
Albergue privato La Parada (6€), 40 posti CAS, CUC, COM, LAV
Il percorso che lega Ledigos a Reliegos non è stato dei migliori: forse per l'assenza di Manuel, forse per i paesaggi non più così eccezionali e spesso affiancati da una strada siamo arrivati a meta decisamente stanchi (complice anche il chilometraggio del giorno precedente). Nonostante la nostra intenzione fosse quella di arrivare a Reliegos ci eravamo tenuti la possibilità di fermarci a El Burgo Ranero nel caso la stanchezza fosse elevata: tra i due villaggi infatti c'è nuovamente il nulla. I 13 chilometri che li dividono non sono proprio pochi e anche in questo caso è necessario provvedere ad una scorta d'acqua. Sul percorso sono presenti delle aree di descanso cioè di riposo tra cui quella dove ci siamo fermati a pranzare che offre un tavolo all'ombra e non è troppo lontana dal paese (e quindi alla ripartenza saprete che vi manca poco all'obiettivo). I nostri sforzi comunque sono stati ripagati dall'avvicinarci molto a Leon e quindi garantirci l'intero pomeriggio libero per girare la città (ricordo ancora che lo definivamo il nostro giorno di vacanza). Arrivati al paese di Reliegos scopriamo che ci sono molti più albergue del previsto (evidentemente di recente apertura) e cercando di direzionarci al municipale finiamo in realtà in uno privato. Sicuramente l'albergue più bello e nuovo di tutto il cammino: i dormitori erano costituiti da pochi letti a castello (3 o 4) e dei letti veri, di quelli che anche se siete alti non avete problemi a starci. Bagni, docce, cucina di una bellezza e pulizia incredibile. Anche in questo caso il gestore ha anche un bar e un ristorante ma non ci sono stati fatti problemi se mangiavamo le nostre cose sui tavoli adiacenti al bar. La cortesia non era delle più memorabili (ci dev'essere una zona di poca educazione da quelle parti) ma l'alloggio è consigliabilissimo. L'hospitalero in fin dei conti si è rivelato burbero ma disponibile. Il paese non era costituito da granché ma ricordo che passammo tutto il pomeriggio nell'albergue data la stanchezza e la comodità. Se non ricordo male anche in questo caso era presente un market interno ma come al solito la fornitura non era delle migliori tanto che credo l'abbia visto solo Katia. Personalmente la soddisfazione più grande di quella giornata la devo all'essermi reso conto (cosa che nei giorni prima stava invece svanendo) di poter entrare a Santiago sulle mie gambe nonostante alla partenza sembrasse un'impresa così difficile.
Venerdì 17 agosto 2012
Reliegos -> Leon (26,7 Km)
Albergue parrocchiale Benedictines (5€), 125 posti CAS,
La nostra giornata di "vacanza" è stata poi veramente tale. La breve distanza con Leon ci ha permesso di percorrere in fretta il cammino ed arrivare in mattinata dalle suore Benedettine. La città è veramente grande e ammetto che siamo stati un po' spaesati all'arrivo alla cattedrale perché le indicazioni per il convento erano sparite. All'ufficio informazioni turistiche abbiamo ritrovato la bussola e raggiunto la sede. La piazza sulla quale si affaccia l'albergue (l'unico rimasto dopo la chiusura del municipale, forse temporanea) è molto grande e carina, con qualche bar a dare la faccia verso la una chiesa e rimane a 5 minuti a piedi dalla cattedrale. L'accoglienza seppur calorosa, è sembrata un po' sterile. Ripensandoci non dev'essere facile accogliere più di 100 pellegrini ogni giorno e le cose finiscono per diventare degli automatismi. In ogni caso mi ha stupito la separazione tra uomini e donne e la camerata (veramente simile a quelle militari di Full Metal Jacket) enorme. Nonostante sia parrochiale è richiesta una quota fissa di 5€, c'è la possibilità di lavare e stendere il bucato e di mangiare in una sala comune al primo piano. La cena non è prevista mentre è prevista la colazione a donazione (che ancora ricordo per l'abbondanza). Unico difetto sembra essere l'apertura del portone che non avviene prima delle 6. In ogni caso dopo una rilassante doccia io e Katia andammo in centro con lo scopo di fare delle commissioni (farmacia, check-in e via dicendo) e di visitare la Cattedrale. Quest'ultima chiude nel pomeriggio (riapre alle 16) come un po' tutte le attività in Spagna (anche se mi aspettavo che Leon facesse eccezione). Se avete bisogno di fare o anche solo stampare il check-in online potete usufruire della copisteria/internet point che trovate lasciandovi la cattedrale alle spalle sulla via maestra, alla vostra sinistra nella prima traversa (se ben ricordo). Per ogni altra necessità Leon offre tutto quindi se cercate abbigliamento o altro qui lo potrete trovare. E' anche uno dei pochi posti dove potete trovare il gelato artigianale (un po' diverso dal nostro) oltre a dei veri supermercati (ma attenzione a quello che comprate perché lo zaino, il giorno dopo, potrebbe risultare appesantito). La visita alla Cattedrale merita veramente i 5€ (nessuno sconto pellegrini) di biglietto e include anche un'audioguida che vi narrerà tutta l'incredibile storia della costruzione e ristrutturazione della chiesa. Giusto qualche dato per stupirvi un po': è la cattedrale con la superficie vetrata più ampia al mondo; è stata costruita nel massimo splendore del periodo gotico e quindi ne riporta tutti i canoni; è stata costruita in soli 50 anni ma dato che i calcoli volumetrici sono stati un po' sbagliati ha rischiato il completo crollo non molti anni dopo (mi pare un centinaio); la cosa, che ha preoccupato molto gli abitanti di Leon, è stata evitata grazie ad un intervento ventennale sulla struttura portante, durante il quale non è stato più possibile accedere al luogo di culto (per tutto il resto visitate la Cattedrale da voi). Il biglietto include anche un tour al chiostro: diciamo solo evitabile. L'accozzaglia senza nessun ordine logico delle statue e altri oggetti insieme alla noncuranza della struttura del chiostro (che tra un po' cade a pezzi) lo rendono un posto veramente brutto da visitare. Ma a Leon non c'è solo la Cattedrale: anche le vostre guide riporteranno la chiesa di St. Martin (se memoria non inganna) dalla quale tra l'altro passa il cammino in uscita dalla città. In ogni caso Leon è una città bellissima e merita una visita. Per noi poi è stata magica per la reunion con i bresciani (Ciro, Beppe, Mauro) che hanno fatto "scalo" con il bus direzionati la mattina seguente a Madrid e all'aereo per l'Italia. Trovati casualmente fuori dall'albergue abbiamo avuto modo di salutarci per bene davanti ad una cerveza. Loro ci hanno messo al corrente di una seconda possibilità di alloggio che è stata messa a disposizione dal comune dopo aver chiuso l'abergue e cioè le residenze universitarie che, in stanze da 4 posti se non erro, permettono di entrare ed uscire a qualunque ora alla modica cifra di 10€. Certo per chi vuole vivere un po' la città, considerato che le Benedettine chiudono alle 21e30 questa è una buonissima scelta. Il contrappeso della bilancia è costituito dal doversi perdere l'orazione (la preghiera delle ore) delle benedettine che nonostante io non sia professante, ammetto che è stata particolare. Passare tutto il pomeriggio senza zaino e in infradito ha fatto sicuramente bene a tutto l'organismo tanto che ricordo che dopo Leon sono stato molto meglio, la tendinite al collo del piede si è risolta e ho cominciato a camminare (quasi) normalmente.
Sabato 18 agosto 2012
Leon -> Santibanez de Valdeiglesias (38,5 Km circa)
Albergue parrocchiale (6€), 50 posti CAS, CUC, COM,
Come non ricordare la giornata che ci ha condotto all'impronunciabile paese di Saintibanez, scommetto che se Katia sta leggendo questo pezzo di racconto già ride al ricordo di quello che è successo, ma cominciamo dall'inizio. La colazione dalle Benedettine è stata un vero toccasana a base di latte caldo (e colacao, il nesquik spagnolo) e burro e marmellata, insomma la colazione dei bambini che devono crescere. Con tutte quelle energie in corpo siamo riusciti ad affrontare il percorso in uscita da leon che si è rivelato bello rispetto ad esempio a Burgos. Nonostante le benedettine fossero sommerse dai pellegrini (più di 100) ci siamo stupiti di non trovarne molti per il cammino ma la sera anche questo arcano ci sarebbe stato svelato. Tra le conoscenze della giornata il ragazzo con il quale abbiamo speso più tempo è stato Roberto, venezuelano da qualche mese a Roma. E' stata un'ottima compagnia (anche per la sua bravura in italiano altrimenti sarebbe stato difficile dialogare) fino al suo arrivo a San Martin del Camino. Il cammino in un punto non ben precisato si divide e permette di fare una deviazione che vi permette di arrivare ad Astorga ma era già nostra intenzione fermarci al paesino impronunciabile e abbiamo dunque seguito il cammino principale o meglio.. abbiamo tentato di farlo ma una serie di freccie cancellate e riscritte ci hanno portato sulla deviazione, fortuna vuole che un ciclista di passaggio (e del luogo! non un pellegrino) ci indicasse la giusta via. Il caldo (essendo partiti alle 6) non mancava ma ci siamo concessi una pausa ad Hospital de Orbigo, su una panca a mangiare frutta. Durante la pausa passa un ragazzo italiano che contentissimo di aver finalmente degli italiani ci chiede qualche informazione: nel mio diario scrivevo di aver conosciuto "un nuovo ragazzo italiano" e di nuovo il destino sembra così beffardo per cosa ci riserverà. In ogni caso dopo la pausa nonostante la bellezza e la grandezza di Hospital de Orbigo (meritevole) decidiamo di proseguire con le gambe un po' a tronco di faggio, verso Santibanez. Su questa parte del cammino ci troviamo praticamente soli e all'arrivo al villaggio ci rendiamo conto che la guida ha di nuovo mentito quando ha citato il market perché non sembra esserci nulla, forse nemmeno abitanti. Ci dirigiamo al parrocchiale dove un cartello invita ad accomodarsi in attesa dell'hospitalero. Nonostante da fuori gli si potessero dare giusto quattro soldi, una volta varcata la soglia ci si ritrova in un giardino non tenutissimo ma molto carino e soprattutto molto ombreggiato dove la fa da padrone un grande tavolo per le cene e qualche pianta da frutto. Ricordo di essermi addormentato dalla stanchezza sui tavolini di plastica sparsi per il giardino e di essermi svegliato solo all'arrivo di Ercole. L'hospitalero, laziale, diventerà il personaggio di cui parlare per i giorni a venire: simpaticissimo e gentilissimo ci sgrida per non esserci messi a nostro agio mentre lui riposava. Siamo gli unici due pellegrini della giornata e promette di cucinare una cenetta tra noi se non arriva nessuno o di fare un menù più pellegrino se dovesse arrivare altra gente. Il pomeriggio prende una piega molto divertente. Io e Katia ci ammazziamo di prugnette colte direttamente dalla pianta in cortile mentre cominciano a comparire amici di Ercole e della sua inquilina, italiana, che lavora in un bar vicino. Passiamo il pomeriggio a chiacchiere e birrette mentre arriva la sera. Anche il parrocco compare un paio di volte senza spiccicare parola alcuna. Piano piano si palesa l'idea di Ercole di fare gli gnocchi per cena. Nel frattempo la nostra curiosità riguardo alla sparizione dei pellegrini viene appagata: Ercole, che ci rivela quanto il cammino sia ormai diventato turistico (ahimè) ci dice come la maggior parte dei pellegrini vada da Leon ad Astorga in bus (a piedi sarebbero 50km, un po' eccessivi in una tappa sola). Non rimaniamo nemmeno increduli dopo aver conosciuto pellegrini che hanno fatto dei pezzi in bici, altri con dei microzaini (e che quindi si fanno portare i bagagli) e addirittura con la macchina di appoggio, però è triste. Ercole poi ci racconta come il giorno prima due ragazze italiane fossero arrivate all'albergue chiedendo di poterlo vedere. Premessa vuole che non fosse l'albergue più recente che abbia visto: i due bagni e le due docce erano fuori, nel giardino, come il lavandino. Le stanze erano piccole e con pochi letti che tuttavia sembravano abbastanza comodi. In ogni caso dopo aver valutato la situazione avevano chiesto di chiamare un taxi (un taxi!!), rendiamoci conto. Io e Katia eravamo felicissimi invece di aver trovato una tranquillità inaudita e di essere in compagnia del primo e unico hospitalero italiano. Le sorprese sembravano non finire tanto che verso sera compare questo ragazzo austriaco (pellegrino d'esperienza), passato a salutare Ercole con un amico e diretto verso la patria. Ovviamente da buon italiano del sud Ercole lo costringe a fermarsi a cena in nome di gnocchi al ragù e qualche ora dopo incominciamo (anche se non mi è stato permesso di fare molto per esubero di personale) a fare dei fantastici gnocchi di patate fatti in casa. E' stata una delle cene più sostanziose e divertenti del cammino, finalmente potevamo parlare italiano in libertà (dopo qualche giorno la cosa ti manca) ed essere compresi. Sembrava di essere finiti in una commedia all'italiana dove da un momento all'altro può entrare un personaggio nuovo e aggiungersi a tavola. Dopo i fantastici gnocchi ci siamo concessi la messa principalmente perché convinti da Ercole che fosse "caratteristica" per la sua brevità. Entrati in chiesa ci rendiamo conto che il paese esiste dato che ci sono un po' di persone in begli abiti a partecipare alla cerimonia e questo ci ricorda che è sabato. La premessa divertente è che mentre ceniamo (diciamo mezzoretta prima della funzione) incominciano a suonare le campane per interi minuti ma senza seguire nessuna melodia tanto da sembrare un'allarme attacco nucleare. La cosa si ripete (ma in versione breve) poco prima delle 8, orario di messa. Con Katia non facciamo a tempo a percorre i 100 metri che dividono la chiesa dall'albergue e la messa è già iniziata. Noi, vestiti da pellegrini e quindi in sintesi di stracci, ci collochiamo in una delle panche in fondo cercando di seguire la funzione in spagnolo. Il parroco con tosse e raffreddore non si fa problemi a tossire nel microfono e a soffiarsi il naso e nel frattempo io noto come la chiesa sia nuova e spoglia. Tutta la funzione procede in effetti molto velocemente e in 15 minuti d'orologio siamo già ai saluti finali. Io e katia, magari un po' rallentati dai nostri piedi doloranti non facciamo in tempo ad uscire dalle porte sul retro che il parroco ci sorpassa a destra già privo di tonaca, per uscire nella piazzetta in fronte alla chiesa. Giuro che la scena è stata comica, non si capisce come abbia fatto così in fretta a svestirsi e attraversare tutto il corridoio che divide l'altare dalle porte nello stesso tempo che noi muovevamo cinque passi; in ogni caso Ercole anche questa volta aveva ragione, non avevo mai assistito ad una messa così breve. Tentando invano di mettere ordine nella cucina e sulla tavola al nostro ritorno dalla funzione (perché era già stato fatto tutto da Ercole e dai ragazzi) spendiamo un po' di tempo con gli altri nel giardinetto, facendo un po' di domande ad Ercole sul suo cammino e sulla sua permanenza in Spagna e salutando gli austriaci per i quali è arrivata l'ora di partire. Verso le dieci ci salutiamo con gli altri avviandoci verso il letto rendendoci conto della serata particolare che è appena passata.
Domenica 19 agosto 2012
Santibanez de Valdeiglesias -> Foncebadon (37,2 Km)
Albergue parrocchiale Domus dei (donativo), 28 posti CAS, CUC, COM,
All'arrivo nel piccolo villaggio di Foncebadon ci ha un po' stupito la quantità di costruzioni diroccate. Ci siamo diretti all'albergue parrocchiale in orario di apertura siccome la brevità della tappa (e nel mio caso l'energia degli gnocchi) ci aveva permesso di arrivare presto. Ad accoglierci due hospitaleri: una ragazza giovane, Cristina, che nonostante all'inizio mi sia sembrata una lady di ferro si è rivelata poi durante la giornata di una gentilezza squisita e Fernando, che parlocchiava italiano e penso sia hospitalero da molti, molti anni. L'albergue, semplice ma carino, ha uno stanzone con letti a castello e uno con materassi a terra. Il bagno merita una spiegazione a parte per la comicità con il quale è costruito: all'accoglienza di tutti noi pellegrini Cristina ha tenuto un discorso in spagnolo dicendoci tra l'altro che da italiani avremmo compreso (si, ma parla più piano!!); avevo intercettato una frase nella quale diceva qualcosa tipo "che quel giorno evidentemente non ci stava molto con la testa" e arrivato al bagno ho capito che intendeva l'architetto. Il bagno (diviso tra uomini e donne) permette tramite la prima porta di accedere a lavandino e doccia e tramite la seconda, oltre la doccia, di accedere al wc. In poche parole, anche per la mole di pellegrini presenti, si finisce per passare di fianco ad uno che si doccia per andare al bagno, quasi comico! Anche in questo caso cena e colazione sono comunitarie e non si può lasciare l'albergue prima delle 6e30 del mattino.
La giornata è proseguita per me tranquilla, ci ha raggiunto anche Josè Maria, sempre simpaticissimo e prima di cena abbiamo partecipato ad una messa: il parroco era italiano (e ospite di un altro albergue) e ha celebrato la messa più divertente mai vista. Tra l'allestimento della funzione nella sala da pranzo, con il calice di coccio e il tappo di un barattolo a coprirlo e le letture, oltre alla funzione stessa, lette dall'iPhone, devo dire che mi sono dovuto trattenere dal ridere. Il momento del padre nostro (ognuno nella propria lingua) è stato molto bello ed è rimasto molto impresso nella mente di Katia che lo ricorderà anche nei giorni successivi con gioia. Dopo questa breve messa, nella quale abbiamo scoperto che due pellegrini avrebbero avuto il destino di sposarsi una volta arrivati a Santiago, abbiamo fatto una piccola discussione sul cammino parlando uno alla volta. Qui le doti di Cristina sono risaltate infatti ha tradotto spagnolo-inglese o viceversa tutti quelli che non erano in grado da sé e con una precisione invidiabile. Fernando ha poi preso la parola (dicendo che avevamo poco tempo prima di cena ma tirando una filippica pazzesca) raccontando la storia di questa pellegrina salvata dall'attacco di cani randagi appunto da due pellegrini e la quale scriverà poi un libro che renderà famoso il cammino stesso. In ogni caso la parte che mi è piaciuta di più è stata quella nella quale abbiamo scoperto che a Foncebadon sorgeva uno dei più antichi albergue del cammino (ormai in rovina).
Qui comincia la parte divertente: sia io che Katia ci offriamo di dare una mano a cucinare e comincia la nostra avventura serale: una quantità di patate bollite per un esercito in una pentola da Pro Loco e 36 uova sode sono la prova della mole di persone che ci sarebbero state a cena. Anche gli altri pellegrini nel frattempo in sala da pranzo si davano da fare affettando e sminuzzando una quantità di verdure illimitata. Insomma alla fine della fiera, dopo aver lavorato tutti tanto, siamo riusciti ad avere un buon pasto anche se non abbondantissimo per la divisione (eravamo in 36!) necessaria. La cena comunitaria è stata molto piacevole e dopo ci siamo concessi anche una tisana, che anche in questo caso partita da 5 persone si è allargata ad una decina. Dopo, su consiglio anche di George, un portoghese a dir poco poliglotta, siamo usciti all'aperto a vedere gli incendi che divampavano sulla montagna: ricordo che faceva un bel freschino, ma in fin dei conti eravamo abbastanza in quota quindi era normale. Sommariamente la serata era stata stancante tanto che appena rientrato crollai nel letto, non sapendo che nessuno di noi avrebbe dormito per i dialoghi russati che avrebbero fatto due della camerata.
Lunedì 20 agosto 2012
Foncebadon -> Cacabelos (43,9 Km)
Albergue municipale (5€), 70 posti
Anche la partenza da Foncebadon (come quella dalle Benedettine) ha avuto il privilegio di essere preceduta da una lauta colazione, sempre costituita da leche con colacao, mantequilla e marmellata. Alla colazione eravamo praticamente presenti tutti. Con la pila, ma più per scrupolo perché era già abbastanza tardi, siamo partiti alla volta della Cruz de Hierro. Il giorno prima dalla guida avevamo abbassato le nostre aspettative perché avevamo letto che in realtà la croce è molto piccola e sta in cima ad un palo di legno. Durante la salita abbiamo fatto amicizia con il compagno di letto (a castello s'intende!) di Katia, un ragazzo 19enne di Granada che parlava bene anche l'italiano per aver vissuto un periodo a Como. Ne ho approfittato per far riaffiorare i miei ricordi di Granada e dei tempi d'oro dell'anno scorso. All'arrivo, complice l'alba, ci è piaciuta molto la vista di questa croce circondata da sassi di tutte le dimensioni che ne costituiscono ormai la base. E' un punto molto affollato del cammino perché tutti, e noi non di meno, cercano di farsi una foto con questo sfondo, inoltre è il punto più alto raggiunto, 1500m. Qui il cammino ci ha di nuovo sorpreso perché abbiamo rincontrato Paolo, il ragazzo italiano conosciuto durante la pausa pranzo ad Hospital de Orbigo. Scendendo dalla croce, tramite questo sentiero boschivo un po' stretto ma molto piacevole, abbiamo percorso il cammino tutti e quattro assieme e per un pezzo con altri due ragazzi italiani in aggiunta, fino all'arrivo a El Acebo dove ci siamo quasi tutti divisi per una sosta o per fare spesa. Ho dimenticato di citare il Manjarin, un piccolo albergue dopo la Croce di Ferro che è considerato uno degli storici del cammino anche in questo caso per la mancanza di acqua e luce. In ogni caso merita una citazione perché è proprio qui che sorge il cartello che riporta le distanze da molte città (compresa Trento) e che è uno dei simboli un po' storici del cammino; incontrarlo vi farà molto piacere anche perché vi rendete conto di quanto "poco" manchi a destino.
La città più grande che si incontra scendendo dalla croce (e via assicuro che scendendo è la parola giusta data la ripidità) è Ponferrada. Arrivando dal monte la vista della città non sembra bellissima, si intravede perfino quella che noi abbiamo deciso essere una centrale nucleare, ma poi in realtà si rivela molto carina nel centro anche perché vi accoglie subito un maestoso castello. Anche qui abbiamo avuto modo di girare velocemente e di fare un po' di spesa e di goderci una pausa. Proseguire non è stato facile per la stanchezza che la discesa aveva portato e per la difficoltà di Katia di convivere con la sua tendinite, sempre più presente: per questo motivo io e Paolo ci siamo portati avanti cercando di arrivare presto all'albergue di Cacabelos e di tenerle un posto. La città di Cacabelos vista dall'ingresso sembra un piccolo villaggio come ne abbiamo visti tanti che si sviluppa intorno alla strada principale invece scendendo si rivela una vera e propria città molto estesa. L'albergue municipale si trova proprio in fondo, oltre il fiume, che è utilizzato dagli indigeni per fare il bagno o prendere il sole. L'albergue è di nuovo molto bello: è costruito intorno ad un'imponente chiesa (credo sconsacrata) ed è costituito da stanze da due letti (con armadio) che formano un arco intorno alla chiesa. Docce e bagni sono presenti in abbondanza e si può lavare e stendere la roba, attenzione al vento che ve la rovescerà più volte possibile. C'è poi una zona per mangiare, a sua volta con molti tavoli all'ombra ma non c'è la cucina. Se volete comunque per 8 o 9€ potete ordinare la cena che verrà presa e portata con la macchina dell'hospitalero dal bar che si trova al paese appena dopo (Pieros?) e che sarà anche il primo bar che incontrerete per la colazione la mattina. In ogni caso tornando verso il centro paese troverete più di un negozio dove fare la spesa.
Dopo un meritato riposo e le docce, siamo andati a fare la spesa e tornando sul ponte che attraversa il fiume, dal quale alcuni ragazzi facevano i tuffi, non abbiamo resistito e siamo scesi anche noi nel parco a bordo riva (dove ho fatto amicizia con un tenero cagnolino) per cenare direttamente lì, in un atmosfera proprio vacanziera. La compagnia di Paolo, che ci avrebbe seguito anche il giorno seguente, era già quasi diventata abitudine complice il suo carattere molto socievole. Rientrati in albergue ci siamo concessi un altro po' di svago, nel mio caso grazie alla connessione wireless e poi ho mi sono buttato a letto per la sopraggiunta stanchezza.
Martedì 21 agosto 2012
Cacabelos -> O Cebreiro (37 Km)
Albergue Xacobeo (5€), 100 posti
Nell'albergue di O Cebreiro io e Paolo abbiamo stretto amicizia con altri ragazzi italiani: Antonio e Stefania li ricordo distintamente perché da pazzi sono partiti a metà pomeriggio alla volta di un paesino ad una decina di chilometri più in là sapendo di dormire all'addiaccio. Con tutti gli altri invece abbiamo condiviso la cena e tante chiacchiere, Cecilia era perfino nella nostra stessa stanza, dove la sera si è consumato uno spettacolo da tragedia greca. Al nostro ritorno da un'imperdibile tortilla, ci siamo ritrovati in stanza degli intrusi di Madrid, tutti giovanissimi che non hanno forse colto la fortuna che l'hospitalera gli ha lanciato lasciandoli passare (forse per l'orario) e che si sono comportati talmente male, facendo rumore e occupando letti altrui, da farsi cacciare fuori. A questo punto, con lo spirito dei pellegrini maleducati partiti da un giorno o forse nemmeno, si sono messi ad urlare in spagnolo che sbatterli fuori e costringerli a dormire all'aperto non era nello spirito del pellegrinaggio (detto da loro poi!) e tutto sarebbe finito lì seguito dal mio pronto e meritato sonno se non fosse che questo ha scatenato poi una discussione "alberguale" che ha coinvolto tutti gli inquilini e che si è protratta tipo fino alle 23e30 con nostro massimo disprezzo e nervoso. Tutto bene quel che finisce bene i ragazzi hanno poi dormito all'aperto ma al riparo e con i loro sacchi a pelo (avevano pure i sacchi a pelo!) non penso abbiano patito il freddo dato che riuscivano di nuovo a fare chiasso alle sei del mattino.
Nonostante la volontà di rivedersi con gli altri ragazzi italiani sapevamo che le mete della giornata erano diverse e che sarebbe stato difficile rincontrarsi.
Mercoledì 22 agosto 2012
O Cebreiro -> Sarria (42,5 Km)
Albergue privato Los Blasones (9€), 42 posti CAS, CUC, COM, LAV, WI (psw Josemanuel)
Il villaggio di O Cebreiro si trova ad una bella quota ma non è ancora la vetta della salita che dunque io e Paolo abbiamo intrapreso il giorno dopo. Tutta la salita è un po' ripida ma intrapresa di mattina, freschi di un sonno riposante, siamo arrivati abbastanza in fretta al punto più in quota: Alto do Poyo. Qui ci siamo concessi una colazione discreta prima di partire per la lunga discesa che porta a Triacastela. Eravamo d'accordo con Katia di trovarci lungo il cammino perché la sua tendinite la costringeva ad affrontare le discese molto delicatamente e in questo caso c'era un bel dislivello da affrontare, più di 600 metri. La partenza, quasi contemporanea ma con il vantaggio fa parte sua di un 5km ha permesso di raggiungerla sul tardi, nonostante il nostro passo sostenuto. Triacastela è una di quelle cittadine proprio carine, con dei vicoli sui quali si affacciano i bar e i tavolini e un po' do vita, forse complice anche la bella atmosfera che c'era quel giorno. Qui abbiamo ritrovato Stefania ed Antonio p, che la notte prima avevano affrontato l'avventura di dormire all'aperto, in fin dei conti finita bene. Se ho trascurato di descrivere i panorami che potrete godere su questa parte del cammino non è perché siano brutti anzi, sia la salita verso Alto de Poyo che la discesa offrono bei paesaggi. Devo ammettere che la Galizia è tutta bella anche perché sembra che abbiano curato maggiormente il percorso che anche quando costeggia delle strade è comunque camminabile su un sentiero spesso alberato e a lato. In ogni caso all'uscita di Triacastela il cammino si divide in due possibili percorsi che hanno una differenza di ben quasi 7km! Chiamata Katia per essere sicuri di intraprendere lo stesso percorso ci siamo direzionati verso quello più breve che passa da San XII. Forse è stato questo percorso che ci ha stupito per la quantità di mucche che avremmo incontrato in Galizia, veramente in quantità industriali. Lungo la strada abbiamo conosciuto Jacob, un ragazzo tedesco che ha affrontato tutto il cammino dormendo all'aperto, senza tenda ma solo con il sacco a pelo.
L'ho invidiato per lo spirito ma non mi è passato per il cervello di imitarlo. Finalmente abbiamo poi rincontrato Katia, che nel frattempo si era anche goduta la compagnia di altri pellegrini italiani. Il cammino è un costante saliscendi che non aiuta moltissimo chi ha qualche dolore e risulta in generale più stancante; dopo qualche ora passata assieme a Katia è stato nuovamente il momento di staccarci per accaparrarci un posto a Sarria che è meta di quelli che lasciano Triacastela in mattinata. L'arrivo a Sarria è stato lungo e faticoso ma eravamo approdati in una vera città. La dipendente dell'ufficio del turismo, che attaccava una filippica a chiunque, ci ha fornito la mappa della città, informazioni sugli albergue chiusi o di nuova apertura e più importante sul supermercato. Lo Xacobeo, come ci era stato già detto da delle gentili signore lungo il cammino, era chiuso (forse per disinfestazione). Come già accennato in altre pagine il problema più preoccupante per un pellegrino è che in Spagna hanno degli insetti che mi pare chiamino cencias che fanno dei bozzi pazzeschi e annidandosi nei materassi e via dicendo contaminano velocemente un albergue, per questo sentirete di qualcuno che per qualche giorno chiude. Ci sono comunque anche le zecche a quanto ho capito. La nostra fortuna è stata di non incontrarne e io affermo che mettere un sacco a pelo anche solo come divisorio tra voi e il materasso può aiutare. In Galizia, negli albergue Xacobei, forniscono sempre lenzuola e federa usa e getta. Ok l'igiene ma povero ambiente! Dopo aver avuto tutte le informazioni necessarie sulla città di Sarria ci avviamo verso gli albergue, che in Galizia sono mediamente più cari del resto del cammino (con eccezione del prezzo unico degli Xacobei a 5€). Dopo tre completi troviamo Los Blasones, gestito da una hospitalera gentilissima. Il posto è davvero bello, tenuto, la stanza è gigantesca rispetto agli standard e i letti sono comodi. Bagni, cucina e comedora sono belli anch'essi e riusciamo pure a prenotare il posto a Katia. Sul retro c'è un giardinetto e la possibilità di stendere. Quando arriva Katia ricordo che le diciamo di aver fatto il botto da quanto il posto e la città ci piacciono. Dopo qualche ora di riposo, nelle quali Paolo si è addormentato sul dondolo manco fosse narcolettico, ci avviamo a fare la spesa con la compagnia di un signore sul cammino con la figlia sedicenne. Penso che la ragazza è sicuramente molto fortunata a poter affrontare un'avventura del genere con il supporto del padre. Facciamo scorte per la sera e per una vera cena italiana ripromettendoci anche di trovare le energie per girare un po' la città in serata. Dando il merito a Paolo abbiamo mangiato una carbonara versione chorizo veramente superba. Le sorprese non erano destinate a finire comunque: le ragazze di Rimini, la cui tappa programmata era Triacastela, sono arrivate a Sarria e con malizia potrei ipotizzate spinte dalla voglia di rivedere qualcuno di noi ma è più speranza che realtà. La sera ne abbiamo approfittato per farci una birra con la ritrovata Danila e per vedere un po' la chiesa ma senza muoverci fino al monastero, che si trova in uscita dalla città, per la stanchezza. Le ragazze non ci hanno raggiunto a bere molto probabilmente ancora in convalescenza per la lunga tappa e per l'arrivo tardivo in città. Nella nostra stanzona, durante il pomeriggio erano arrivati altri esempi di pellegrini della domenica: questo gruppo di persone con un viaggio organizzato da un signore italiano che vi dico solo avevano i trolley!! La valigia di quelle con le quali si va al mare tre settimane! È giusto che rubino il posto ai veri pellegrini? Andate in pensione, pellegrini da bus! Prima di andare a dormire la chicca della giornata: Manuel, con il quale erano stati tenuti costanti contatti sulle rispettive posizioni ed esperienze, aveva lasciato la compagnia di Sonia (che era ripartita per l'Italia) e si apprestava a raggiungerci, facendo tappe assassine per recuperare i chilometri di distacco Personalmente invece la sopraggiunta tristezza di essere vicino alla meta e quindi alla fine delle mie vacanze (e le prossime saranno... Mai?) si faceva un po' sentire.
Giovedì 23 agosto 2012
Sarria -> Hospital de la Cruz (32,8 Km)
Albergue Xacobeo (5€), 22 posti CAS, CUC, COM, LAV,
L'uscita da Sarria, che passa per il monastero (che funge anche da albergue) è carina e nel nostro caso abbastanza buia dato che per fare una tappa corta ma piena di piccoli di dislivelli avevamo deciso di alzarci veramente presto. La cosa che vi farà più piacere è il paracarro del chilometro 100, che soddisfazione! Il percorso che ha seguito quella giornata poi è stato reso magico dalla presenza di animali in ogni dove. Mucche, pulcini, perfino un cavallo che giocava a correre scalmanato. Preso come giorno di riposo ci siamo concessi più pause lungo il tragitto e ci siamo goduti un po' i paesaggi che il cammino offriva. Ci eravamo tenuti la possibilità di proseguire oltre Hospital de la Cruz ma dato che il tempo era molto nuvoloso e non prometteva nulla di buono, arrivati lì e trovato posto non abbiamo voluto rischiare 3 Km fino a Ligonde per poi ritrovarci magari senza alloggio. L'albergue della giunta, come già descritto, era simile agli altri con pregi e difetti tra cui il maggiore è la presenza sempre di cucine bellissime ma senza stoviglie. Vigeva la tranquillità, eravamo i terzi arrivati. L'albegue sorge al lato di una strada effettivamente un po' trafficata ed è circondato dal nulla. A qualche minuto a piedi sorge un bar che fa anche cucina ma alla carta. Il consolidato trio si è quindi concesso, dolo cena, una birretta. Qui abbiamo ritrovato anche tre italiani incontrati a spizzichi e bocconi lungo il nostro viaggio che sono riusciti ad usare qualunque mezzo (piedi, bus, bici) per compiere il cammino. Comico il fatto che uno di loro sostenesse come fosse illogico e innaturale fare il cammino in bici dopo aver saltato la tappa Burgos-Leon appunto in bici! Nel rilasso e riposo di quella giornata ricordo la malinconia degli ultimi giorni, del rendersi conto che la vita di tutti i giorni e ahimè il lavoro erano sempre più vicini, dei legami intessuti con le persone, per quanto impegno per mantenerli non saranno più vissuti allo stesso modo. Ma in fin dei conti è il destino di ogni vacanza con la sola eccezione che i compagni si conoscono strada facendo. Inoltre immaginavo che il giorno seguente ci saremmo divisi: Manuel ci stava raggiungendo ma io non potevo permettermi di fare 40km il sabato e arrivare a Santiago con poco margine quindi avrei preferito allungare il venerdì e tenermi vicino alla città.
Venerdì 24 agosto 2012
Hospital de la Cruz -> Arzua (loro) (42,9 Km) -> Arca do Pino (Pedrouzo) (62,4 Km)
Albergue privato Via Lactea (10€), 60 posti CAS, CUC, COM, LAV, WI (aperto)
Palestra municipale (0€),
La mia penultima giornata sul cammino e in Spagna è stata costellata da incontri divertenti. A Melide abbiamo chiacchierato con una gentilissima suora italiana che si è premurosamente informata sulla nostra avventura. Anche in questo caso ci trovavamo in una cittadina medio grande. Il tempo era coperto e ci siamo presi un po' di pioggia debole ma ho l'impressione che la configurazione e la posizione della Galizia la rendano molto piovosa. Il clima interno al gruppo invece è stato molto silenzioso, forse per la levataccia, nel mio caso per la presa di coscienza che il lunedì seguente sarei tornato al lavoro alle 8. Insomma tra tutti i saliscendi arrivammo alla nostra tappa naturale, Arzua, una cittadina strana che non mi è piaciuta moltissimo ma dove i miei compagni di viaggio Katia e Paolo hanno trovato un bell albergue, forse un po' troppo semplice. Abbiamo deciso di pranzare insieme aspettando anche manuel che era in arrivo e poi io avrei proseguito per avvicinarmi il più possibile a Santiago compatibilmente con la vita. Manuel ci ha finalmente raggiunto in compagnia di Danila dopo essersi fatto tappe da 60km al giorno per i due giorni precedenti e rincontrarsi è stato davvero bello. Abbiamo passato tutta la pausa a raccontarci le avventure dei precedenti giorni e curiosi di sapere la vita di Manuel distante da noi. Nonostante il tempo non fosse dei migliori ho preso lo smettere della pioggia come un segno del destino e ho deciso di lasciare, con molta tristezza ammetto, la compagni dei miei amici per avvicinarmi il più possibile a Santiago in prospettiva di ottenere compostela e informazioni importanti al mio arrivo. La partenza e il cammino non sono stati semplicissimi soprattutto per il riprendere della pioggia che in alcuni tratti si è rivelata battente ma era una giornata nella quale mi sentivo molto energico ed è stata la scelta migliore. A Santa Irene l'albergue Xacobeo era pieno ma è comunque molto piccolo e dunque ho deciso di proseguire tre chilometri verso Arco o Pino. La città si articola anche questa volta intorno la strada principale e l'albergue della giunta si trova all'ingresso: arrivato alle 18 ho trovato pieno anche quello e la vista di "pellegrini" che si rifornivano alla propria macchina mi ha mandato il sangue al cervello. In ogni caso l'hospitalera, che non meriterebbe nemmeno questo titolo dato che non rispetta le regole alla base del cammino, mi ha subito indicato il centro sportivo. Qui ho trovato un sacco di altri pellegrini, mi sono sistemato sul mio materassino e ho fatto una doccia fredda, non che avessi altra scelta. Ammetto che è stata una serata molto rilassante: ho mangiato sui gradini del comune, mio sono guardato la città e sono tornato, stanchissimo e assonnato a dormire (verso le 21) sul mio materassino. È stata una notte molto rilassante e forse tra quelle nelle quali ho dormito meglio, cosa necessaria dopo 60km e con la levataccia (la penultima contando lo scalo aereo) prevista. La distanza dal ritrovato gruppo mi pesava ma per la mia sicurezza era necessario essere più vicino e io ero a soli 20km da Santiago.
Sabato 25 agosto 2012
Albergue privato San Lazaro (10€), 80 posti CAS, CUC, COM, LAV,
La mia uscita dalla palestra è avvenuto alle 5e15 e subito ho trovato altri pellegrini sul cammino: eravamo veramente in tanti. Ho percorso la strada per la maggior parte da solo per riflettere wsulle ultime cose prima di lasciare la Spagna e sono arrivato con qualche difficoltà sul percorso saliscendi e piovoso a San Marcos dove si può godere la vista di un fantastico panorama sulla città di Santiago e visitare l'omonima cappella. Da lì poi un cartello vi indica circa 5km per raggiungere la cattedrale. La discesa verso la capitale della Galizia vi permette di vederne la grandezza da un punto di vista privilegiato e l'ingresso è molto curato. Purtroppo all'ora alla quale mi sono avvicinato io, circa le 9, tutto era chiuso e la forma che la città prendeva era quella un po' fantasma. Arrivato in centro mi sono goduto la cattedrale sotto una pioggerella che intervallata da spicchi di sole, ci avrebbe accompagnato fino a sera. Tutte le informazioni sulla città le potete trovare nella stessa via a lato della cattedrale, bene indicata. Qui per primo incontrerete l'ufficio dei pellegrini che vi rilascerà la compostela in cambio di un'offerta di 1 o 2€ (se volete il tubo per trasportarla costa 1€). Scendendo lungo la via trovate poi l'ufficio del turismo di Galizia che però fa degli orari poco umani (11-14,17-19) ma che è l'unico punto dove vi possono dare credenziale, mappa e elenco degli albergue se voleste seguire il cammino oltre Santiago in direzione Finisterre e Murcia. Poco oltre invece l'ufficio della città di Santiago dove potrete avere gratuitamente la mappa della città (effettivamente utile) e un sacco di informazioni, tra le altre gli orari per raggiungere Finisterre e Murcia in bus. A questo proposito il bus non costa poco (mi pare 23€ a/r per Finisterre) quindi se doveste essere in 3 o 4 potete valutare di noleggiar un'auto che vi permette anche di essere meno vincolati agli orari e ai tempi di tragitto (3h). Dopo aver ottenuto l'agognata compostela che riporta il vostro nome in latino (nel mio caso inventato dall'impiegato dell'ufficio) mi sono concesso la colazione in uno dei pochi bar aperti che si trova tra le due officine del turismo (quella regionale e quella della città) e che a quell'ora mi ha garantito un posto caldo e al riparo dalla pioggia. È stato qui, guardando la compostela e le altre carte che avevo avuto, che mi è dispiaciuto non dividere questo momento con i miei compagni di cammino. Per rincuorarmi sono andato a visitare la cattedrale. Mi ha colpito la maestosità e la bellezza dei piccoli spazi, mi hanno stupito i confessionali multilingue con la lucetta spia per sapere se sono occupati o meno. Dopo aver usufruito delle conoscenze di una guida italiana associata ad un gruppo di turisti per un po' ho vagato negli spazi immensi fino a trovare posto su una panca di legno in attesa della messa con un largo anticipo. Ogni giorno a mezzogiorno viene celebrata la messa dei pellegrini e nonostante la mia avversità alle funzioni religiose ammetto che ci tenevo a partecipare, in più la panca si è rivelata un riparo dalla pioggia, un posto tranquillo e un buon appoggio per appisolarmi data che la stanchezza del giorno prima stava improvvisamente arrivando. Non vi descriverò la messa che spero avrete occasione di vivere da voi ma verso la fine ho avuto la bella notizia che i miei compagni di cammino stavano entrando in città. Qui i ricordi si sovrappongono tra chiacchiere, visite alla città, foto di gruppo, il ritrovamento di tanti amici lasciati lungo il cammino e di tante nuove conoscenze. Finalmente, come dicevamo con Manuel, eravamo riusciti a raggiungere Marco che come sempre ha fatto ridere tutti con i suoi racconti e aneddoti. Nel pomeriggio ci siamo messi tutti intorno ad un tavolo per fare due chiacchiere davanti a qualcosa da bere, è stato bello anche se da lì le notte strade si sarebbero divise. Io vivevo quei momenti con gioia e un pelo di ansia per l'orario dato che mi aspettava un'aereo in serata. Dopo i saluti e le promesse di tenerci in contatto eravamo rimasti al nucleo originario composto da me, Katia, Manuel, Paolo e Danila. In questa configurazione dopo qualche commissione siamo rientrati al loro albergue DOE ho avuto modo di appoggiare lo zaino, fare una doccia di nascosto e soprattutto cenare con loro. Ringrazio ancora tantissimo Danila che con la torta di Santiago (non sapevo nemmeno esistesse!) ha reso il mio addio più dolce. I momenti a seguire, verso il primo e il secondo aeroporto con il sacco a pelo agli imbarchi sono stati entusiasmanti solo nel momento in cui guardavo le foto scattate per scegliere le migliori rievocando situazioni, paesaggi, persone. Il caos stava per tornare velocemente nella mia vita ma tra gli insegnamenti che regala il cammino (della vita alcuni dicono) c'è quello della pace, che con un po' di impegno si può mantenere anche nella confusione della quale il nostro mondo, così lontano dai miei ricordi, è intriso.
1 commento:
A
Villamayor de Monjardin il comunale non c'è più. L'unico albergue è
l'Oasis (5€), gestito da una simpaticissima copia olandese
(protestante). C'è la possibilità di usufruire della cena comunitaria e
di fare 20' di riflessione insieme. Il posto è piccolo (25 cama), ma ben
tenuto. 2 bagni e 2 docce. Se è pieno vi mettono i materassi x terra,
finito il posto potete dormire all'aperto nel campo di pelota... C'è una
specie di bottega (3 metri quadrati forse) che apre un paio di ore il
pomeriggio (mi sembra dalle 14:00 alle 16:00)dove si può trovare acqua,
frutta e verdura (e poco altro). Se decidete di partire la mattina
presto ricordatevi che dovete prendere la prima a sx e non andare in
fondo al paese e infognarsi in mezzo ad un campo... :-/
21gg .... il minimo che ho trovato in Internet !! Che media tenevi per mantenere questo ritmo ?
RispondiEliminaMi piacerebbe farlo ma ho pochi giorni a disposizione, sono abbastanza allenato e non vorrei perdere l'occasione ...
Eheheh, modestamente! Ho avuto dei compagni di cammino straordinari :D La media è meno di 40km al giorno anche se in realtà dipende dai tratti (nelle mesetas molti di più e all'inizio molti di meno). Essere allenati è una buona partenza poi ognuno trova il proprio ritmo, in ogni caso non sei costretto a finirlo tutto. Io quest'anno incomincio quello del norte (solo 6 giorni) e lo riprenderò da dove lo lascerò nell'anno successivo.. -sicuramente 21gg è il minimo che hai trovato in internet, ma ho visto gente spararsi 60km/giorno..- :|:|
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RispondiEliminao partirò da milano il 5/6 agosto e rientrerò il 27/28. Vorrei fare lo stesso percorso che hai fatto tu.
RispondiElimina21 giorni sono davvero pochi. Non sono molto allenata. Potrei pianificare di fare in bus un paio di tratte che presentano strade trafficate e nuclei industriali. Mi consigli?
grazie mille
Ciao,
Eliminase fossi in te eviterei (in ordine) atapuerca-burgos perché la città va vista ma l'ingresso a burgos è proprio industriale. Leon-astorga in tanti la fanno in bus.
Spero di esserti stato d'aiuto
Utilissimo Ivan! Stamperò il tuo diario e lo porterò con me!
RispondiEliminaCiao, grazie per aver condiviso il tuo Camino. Io parto a luglio 2017 da Burgos. Pensi che a distanza di anni le indicazioni che hai messo possano considerarsi ancora valide, in termini di albergue e luoghi per essere ospitati?
RispondiEliminaCiao, grazie per aver condiviso il tuo Camino. Io parto a luglio 2017 da Burgos. Pensi che a distanza di anni le indicazioni che hai messo possano considerarsi ancora valide, in termini di albergue e luoghi per essere ospitati?
RispondiEliminaCiao Lidia,
EliminaDa qualche aggiornamento di chi ha fatto il cammino quest'anno direi che le strutture elencate ci sono ancora ma alcune si sono ingrandite e se ne sono aggiunte un sacco di altre. L'elenco completo é sempre disponibile all'oficina del turismo, anche online. Spero di esserti stato d'aiuto!
Grazie Ivan!! Se ho altre domande sei disponibile?
RispondiEliminaCiao Lidia,
RispondiEliminacerto! Qualunque dubbio, chiedi pure :)
Grazie mille!
RispondiEliminaCiao Ivan, sto pensando di cimentarmi anche io in questo cammino, ho però qualche dubbio di tipo logistico.
RispondiEliminaAd esempio, tu hai prenotato già il ritorno? Per risparmiare sarebbe logico, ma io non so quanto potrei metterci, se ce la faccio a farlo tutto o se dirotto e torno da altre destinazioni.
Andando ad agosto immagino che troverei un po' di ressa, ma è necessario prenotare gli ostelli o un posto si trova sempre?
Grazie :)
Ciao :)
EliminaIo avevo già prenotato il ritorno perché era dettato da esigenze lavorative quindi non sarei comunque potuto tornare successivamente. Non preoccuparti troppo per il tuo arrivo da camminante. Da qualunque punto ci sono bus verso le città principali e poi collegamenti all'aeroporto. Per andare verso altri aeroporti dovresti deviare di parecchio, per esempio andando verso il cammino del norte e Santander. Io mi riservo sempre di continuare da dove ho lasciato a piedi, a prescindere dall'aeroporto.
Per la ressa la mia esperienza ormai é un po' datata. Da qualche racconto più recente sembra agosto sia molto affollatto e considera che solo gli albergue privati si possono prenotare, ma non quelli comunali o parrocchiali (che offrono un'esperienza più vicina a quella originale). Per questo motivo non so se si trovi posto sempre, l'anno scorso io ho fatto fatica a trovarlo anche su quello del norte in un paio di occasioni. Per queste cose dovresti affidarti ad informazioni più aggiornate da camminatori più recenti. So che ogni anno aprono e ingrandiscono anche albergue già esistenti quindi la situazione potrebbe essere equilibrata.
Farà tutto parte dell'esperienza. Buen camino!
Il Camino non è un gara podistica
RispondiEliminaCaro anonimo,
Eliminaognuno vive l'avventura come vuole e purtroppo a volte come può.
Son convinto che qualunque esperienza limitata nel tempo non sia l'esperienza finale, ma solo un punto di partenza.
Buen camino
ciao Ivan grazie per la tua descrizione.
RispondiEliminaAnche io come te ho solo 21 giorni e ho notato che a volte fai tappe lunghe anche 40 km.
Temo di non farcela.
Mi domandavo....
Secondo te c è la possibilità di prendere dei pullman a volte che mi concedano di accorciare un po'? sai dirmi in quali tappe sarebbe meglio farlo? grazie mille